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Socia della

ECOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE

LETTERA APERTA ALLA FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA

Carissimi Presidente, Consiglio Direttivo, associazioni federate e soci tutti della Federazione Nazionale Pro Natura,

come noto i principali - cosiddetti - “social” prevedono l’obbligo di registrazione sulle rispettive piattaforme per l’utente interessato ad accedere ai contenuti che vi sono proposti. Per questo motivo, se il privato cittadino è ovviamente libero di comportarsi come crede, ritengo invece inopportuno il loro uso sistematico, come abituali canali di comunicazione, da parte delle istituzioni pubbliche e di quelle private, incluse le associazioni.
Sul tema vorrei quindi aprire un confronto costruttivo nell’ambito della Federazione Nazionale Pro Natura sottoponendo alla comune riflessione alcune argomentazioni in proposito.
Perciò chiedo ospitalità per questa “lettera aperta” sui nostri “media” ed il suo inoltro alle singole associazioni federate che auspico vorranno rilanciarla sui propri.

RIFLESSIONI SUI SOCIAL (SPECIALMENTE FACEBOOK) - ECOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE

1. Soluzione comoda
So bene che molte associazioni, specialmente le più piccole e meno strutturate, sono in rete esclusivamente sulle piattaforme social: principalmente Facebook, perché la soluzione è tecnicamente più semplice rispetto alla pubblicazione e gestione di un vero e proprio sito internet ed è “apparentemente” senza costi.
Però Pro Natura un sito ce l’ha.

2. Efficacia della comunicazione tramite piattaforme social per Pro Natura
Per non ragionare “a sentimento” ma su basi concrete, chiedo se sia disponibile qualche dato / informazione in proposito da rendere noto.
Infatti credo sia utile (sempre come e quando si può) avere una misura dell’efficacia riscontrata attraverso questi strumenti di comunicazione, l’esperienza che ho io (anche di amici che hanno usato i servizi di Facebook a pagamento) non è che sia proprio quella attesa o creduta (ma posso anche sbagliarmi, quindi sarei contento di conoscere dati oggettivi che dimostrino il contrario).

Nell’intestazione del riquadro Facebook sempre presente “di spalla” su ogni pagina del sito di Pro Natura, al 7 ottobre 2020 leggo il numero “2011 mi piace”: non propriamente un gran successo (così come i poco più di 2000 seguaci e le 48 registrazioni)! A numeri analoghi a questi arrivo, ogni mese, grazie all’autorevolezza che ho acquisito per i suoi contenuti e senza che io abbia fatto alcuna pubblicità, semplicemente con il mio modesto sito giornalistico L’Eclettico (www.rudyz.net/eclettico), e io non sono certo un noto personaggio pubblico “influenzatore” di masse.

Da quel che so sulla situazione finanziaria e sui numeri delle adesioni alla Federazione Pro Natura (o ad altre associazioni che conosco ad essa affiliate) non mi risulta che la presenza sui social sia foriera di una grande utilità per noi (come per la maggior parte di chi vi è presente). Viceversa i nostri piccoli numeri, sommati a quelli di tanti altri come noi, decretano il successo commerciale dei padroni delle piattaforme.

Anche frasette come “Di’ che ti piace prima di tutti i tuoi amici” le trovo un po’ infantili ed un po’ stonate per chi, come Pro Natura, propone contenuti e proposte di ben altro livello; d’altra parte sono emblematiche della considerazione che i gestori dei social hanno per i loro utenti.

3. Le multinazionali
Multinazionali come Coca Cola ed altre, che molti di noi hanno boicottato e boicottano tuttora per ottime ragioni, ora a loro volta boicottano i social perché le azioni scorrette di questi ultimi ne danneggiano l’immagine (ed abbiamo detto tutto): farci “superare in coerenza” da queste realtà, che di etico hanno ben poco, mi sembra paradossale.

4. Spregiudicatezza e falsità dei social
Per le informazioni che ne ho leggendo quotidiani di una certa condivisibile serietà - NB le mie considerazioni si riferiscono in particolare a Facebook - sappiamo tutti quanto le piattaforme social più in uso, al di là della facciata “perbenista” o delle elargizioni caritatevoli (ben sfruttate mediaticamente oltre il loro risibile importo rispetto ai propri fatturati: come quella che tempo fa è valsa a Zuckerberg l’apertura di tutti i TG di prima serata con un minuto di servizio e ripresa video accanto a Papa Francesco: per una volta dimostratosi più sprovveduto di quanto in realtà sia):

  • prediligano contenuti riprovevoli, che hanno determinato anche gravi casi di cronaca nera (i cui filmati ancora vi circolano),
  • si pieghino al tradimento delle opposizioni democratiche ai regimi dittatoriali ancora esistenti in diversi paesi nel mondo,
  • possano arrivare fino alle conclamate scorrettezze in sede di consultazioni democratiche (che quindi tali, in definitiva, non sono state),
  • per non dire dei discutibili sistemi di filtro/blocco dei contenuti non opportuni, che spesso agiscono con criteri penalizzanti proprio per quelli invece più validi.

Purtroppo a “fare più contatti” è chi rimesta nel torbido e questo non sfugge a chi dal numero di contatti trae profitto.

5. Finalità dei social
La finalità di questi strumenti è fondamentalmente VENDERE IL TEMPO CHE RIESCONO A TENERCI COLLEGATI. Tenendo a mente questo, si capisce facilmente come ogni meccanismo di Facebook, WhatsApp (dal 2014 acquisita da Facebook), compagnie telefoniche e tutti gli altri è appositamente costruito con questo scopo, dimostrando un’ottima conoscenza della psicologia dell’essere umano.
Per fare soldi senza farsi scrupoli.
Lo dimostra come sono arrivati al successo, ciascuno cominciando con un’azione disonesta, personaggi come Zuckerberg, Gates ed altri. Replicando su altra scala economica e planetaria quanto nella nostra piccola Italia ha fatto un altro ben noto personaggio sceso in politica a difendere direttamente i propri interessi quando è venuto meno chi l’aveva protetto ed avvantaggiato fino a quel momento.
Poco valgono a ripulirsi coscienza e reputazione le fondazioni filantropiche costituite “a fine carriera”.
In proposito, anche per i non credenti, penso sia lapidario e condivisibile il versetto evangelico relativo a “cammelli” (che poi forse erano grandi funi di uso nautico) e “crune” di aghi.

Chi vuole davvero essere un benefattore dell’umanità si comporta diversamente.
Un esempio? Tim Berners Lee, l’inventore di internet che ha voluto condividere la sua idea anziché restarne proprietario per arricchirsi, risulta abbia dichiarato che “Il denaro è importante, ma non è tutto. La vera battaglia, da tempo, è tra chi vuole far progredire l’umanità e chi vuole fare soldi”.

In questo contesto l’illusione, propria anche di molte buone anime nel mondo ecclesiale, di portare contenuti positivi in un contesto che non è tale è, appunto, soltanto “pia” e fa il gioco dei burattinai di turno.

Sono orgoglioso di aver potuto incontrare di persona a Milano il Papa della Chiesa Copta d’Egitto: Tawadros (Teodoro) II di Alessandria, una persona che, a seguito di un grave fatto accaduto in un monastero sotto la sua giurisdizione, ha chiuso il suo profilo Facebook ed ha disposto che facessero altrettanto tutti i religiosi appartenenti alla sua Chiesa.

6. Analisi degli esperti della comunicazione
Conoscenti appartenenti ad associazioni che hanno come finalità loro propria lo studio dei mezzi di comunicazione, mi hanno confermato quanto la mia esperienza nell’organizzazione di eventi di qualità e la contestuale misura dell’efficacia della comunicazione adottata per essi mi avevano empiricamente dimostrato: i social funzionano bene per rilanciare sciocchezze effimere come versarsi secchiate d’acqua gelida in testa: che hanno esplosioni di contatti ma poi spariscono nel nulla. Funzionano meno bene per le cose serie.
Viceversa, un autorevole studio sull’efficacia della comunicazione “social” dei musei ha rivelato quanto questa sia sopravvalutata.
Non è un caso che un’importante quota dell’influenza di questi strumenti sull’opinione pubblica deriva dal rilancio dei loro contenuti da parte della stampa pigra che si appiattisce nella comoda pratica di limitarsi a riproporre - amplificandoli - sulle proprie testate di vario genere (stampate, elettroniche e radiotelevisive) i videomonologhi o i messaggi pubblicati su Facebook invece che pensare, confrontare le posizioni, verificare le notizie e “fare domande pretendendo risposte” aiutando così i lettori ad esercitare a loro volta l’autonomia di pensiero e la capacità critica.
Proprio questa è la ragione che rende convenienti gli imponenti investimenti economici che sui social vengono condotti perché sia considerato più del dovuto il seguito di chi vuole artificialmente gonfiare la propria autorevolezza.
Non credo invece sia qui necessario soffermarsi sulle notizie false, deliberatamente propalate come vere - senza vergogna - da parte di chi riveste importanti ruoli nella società e nelle sue forme di aggregazione.

7. Responsabilità istituzionali
Per quanto ho fin qui argomentato, ritengo che nessuna istituzione pubblica (includendo nella categoria non soltanto la Pubblica Amministrazione a tutti i suoi livelli, e deprecando i suoi esponenti che cedono a questo malcostume, ma anche un’associazione ambientalista che voglia proporsi come autorevole punto di riferimento) debba utilizzare forme di comunicazione diretta che non siano pienamente pubbliche e consultabili da chiunque in tutte le sezioni in cui sono articolate senza obbligo per l’utente di registrarsi.
Attualmente ciò viene invece richiesto anche sui profili pubblici di alcuni social (un tempo accessibili liberamente a chiunque) che, almeno per certi utenti (come capita a me), restano tali solo per pochi secondi e solo per la pagina iniziale.
Nel breve volgere di qualche istante una maschera automatica copre lo schermo invitando il lettore ad accreditarsi per poter continuare la lettura.
Il comando che posticipa questo adempimento vale a togliere di mezzo la maschera solo per poco: come un pupazzo a molla che salta fuori dalla sua scatola ce la ritroviamo di nuovo addosso in men che non si dica.
Quando questo accade io chiudo direttamente tutta la pagina, orgoglioso di farlo e fiero di potermi riconoscere in un verso che Francesco Guccini canta in “Canzone di notte n. 2”: “scusate non mi lego a questa schiera... morrò pecora nera”.

8. Fiducia negli incaricati ed Etica della comunicazione
Tutto ciò premesso tengo ovviamente a precisare che non ho alcun dubbio sulla correttezza della comunicazione che la Federazione Pro Natura fa attraverso i social grazie a chi se ne occupa,
8.1 la questione che pongo, invece, è se “è etico che per fini buoni un’istituzione utilizzi strumenti che, pur di successo, hanno ombre oscure alla loro origine e nella loro conduzione” come dimostrato di recente anche con i messaggi successivi all’uccisione del ragazzo nel Lazio; io su un sistema che non blocca queste nefandezze (e non lo fa perché gli conviene ci siano) non credo si possa stare, io almeno non ci sto e mi imbarazza che ci stia l’associazione alla quale appartengo.

9. Tracciamento
Il problema del tracciamento è evidentemente implicito nella mia obiezione ed alla base di tutto: proprio l’obbligatorietà di registrarsi è il problema che sollevo quando a proporla è un’istituzione. Fra chi ha già letto queste mie osservazioni c’è chi ha osservato che “Persino il papa e il Presidente degli USA ormai fanno politica prevalentemente attraverso Twitter.”…
Ma Papa Francesco almeno non usa Facebook, che invece usa il Vaticano (ahimè), come fanno anche tanti preti, diocesi e parrocchie, e questo lo considero sbagliato, come ho già scritto.
Quanto a Trump, qualsiasi mezzo usi per me non è un modello al quale fare riferimento, in qualsiasi campo.
E comunque dissento dall’argomentazione che la politica si faccia attraverso i social, qui si fa l’apparenza: del Papa, che ha cose più serie da dire, la maggior parte dei rilanci sugli altri media non si riferiscono a quanto scrive su Twitter.
Con Trump, Salvini ed altri di ogni parte politica - ma si noti chi mi è venuto immediatamente in mente e ci si domandi il perché - è il contrario: e questo conferma le mie argomentazioni.

10. Pro Natura e il buon esempio che attrae
Una presa di posizione netta della Federazione Pro Natura in questo senso, anche adeguatamente comunicata ai media, credo sia una notizia che ci darebbe più attenzione di quanta se ne possa avere attraverso i social e magari potrebbe anche concretizzarsi nella possibilità di suscitare nuovi aderenti, il Consiglio Direttivo ci pensi.
È come quando, in una successione di spot a colori, ne compare uno in bianco e nero: che si distingue dalla massa e desta maggior interesse.

11. I giovani
Inoltre, a chi obietta: “Che noi lo vogliamo o no, oggi il mondo (soprattutto quello giovanile) comunica così”, come ho già scritto, rispondo che i social seguiti dai giovani non sono Facebook e Twitter, chi fra i lettori è insegnante può verificarlo facilmente.

12. Vogliamo un’altra comunicazione
Ciò di cui c’è bisogno è di una comunicazione più riflessiva ed argomentata, che è più difficile, perché ci portano altrove tutte le forze economiche che ci vogliono condizionare: pensiamo alla telefonia, sulla quale avrei anche un altro tema da aprire con riferimento alla salvaguardia ambientale ed al risparmio energetico: mi sto battendo su questo contro il mio fornitore Wind (al quale sono arrivato lasciando per questo motivo Telecom) e cercherò di resistere fino a quando potrò.

Spero che quanto ho scritto possa essere utile per riflettere sull’argomento e procedere di conseguenza nelle relative scelte che riguardano la Federazione Pro Natura.

Per quanto mi riguarda non predisporrò mai un collegamento ad una delle pagine elettroniche di social con le caratteristiche descritte né ad altre che vi puntino.
Mi concederò solo un’eccezione quando dovrò necessariamente rilanciare la sopra citata pagina di Pro Natura Lombardia che ho con passione contribuito a costruire.
Ma nel farlo mi sentirò in imbarazzo ed in conflitto di coscienza con il mio desiderio di coerenza - la sola qualità che ci rende credibili agli occhi dei nostri interlocutori - perché porterò comunque una mia gocciolina d’acqua ad un mulino che macina una farina... “non proprio biologica”!

Grazie per l’attenzione che in Pro Natura si vorrà e potrà dedicare a questo tema, però non irrilevante.

Cordiali saluti con l’augurio a tutti dei migliori successi per tutte le iniziative di ciascuno.

Giovanni Guzzi

 

PS

Fin da piccolo ho iniziato a diffidare di chi mi prendeva per “fessacchiotto”.
A partire dai fumetti di Topolino quando, in un periodo in cui vi prevalevano storie disegnate male e “di poco spessore” (tranne la prima dopo la copertina), l’editore contava di far presa sui lettori allegando ad ogni numero dei giocattolini. Ho capito che mi prendevano per una persona di poca intelligenza... così ho smesso di comprarlo. Frequentavo le scuole elementari, ma la mia maestra mi dava da leggere anche i libri di Mario Rigoni Stern.

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