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Sponde del Po: pioppi o biodiversità?

Giovanni Barcheri

A poco più di un anno dalla presentazione pubblica della candidatura a Riserva Biosfera Mab Unesco del tratto medio padano del Po è arrivato, nel mese di giugno 2019, a Parigi – nella prestigiosa sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura – l’ambito riconoscimento che promuove, grazie alla proclamazione ufficiale, il progetto italiano coordinato dall’Autorità Distrettuale del Fiume Po e sostenuto dal Ministero dell’Ambiente e dal Governo in quest’ultimo decisivo sprint finale verso il traguardo ora raggiunto. La decisione della promozione a Riserva Mab di PoGrande è arrivata nel corso della trentunesima sessione del Consiglio Internazionale di Coordinamento del Programma MaB, che si è svolta nella capitale francese dal 17 al 21 giugno e l’ufficialità è stata comunicata direttamente al Segretario Generale del Distretto Po Meuccio Berselli in rappresentanza dell’ente ministeriale, di tutto lo staff tecnico che ha redatto il dossier posto successivamente all’attenzione e alla vigilanza della Commissione Internazionale e dei qualificati ed imprescindibili partners che hanno contribuito alla realizzazione della proficua intesa territoriale.
Resta il fatto che da decenni lungo le rive del Po e dei principali fiumi padani sono già state cancellate e vengono distrutte le preziose fasce boscate ed ancora naturalizzate che dovrebbero rappresentare la serie vegetazionale dei boschi igrofili ripariali e che conservano un prezioso valore di biodiversità.
E la causa di tale devastazione sono gli impianti intensivi della pioppicoltura intensiva, che utilizzano cultivar di pioppi ibridi canadesi che non hanno davvero nulla a che fare con la vegetazione autoctona delle aree planiziali delle Regioni del nord Italia.
Le cultivar di pioppo ibrido canadese non hanno nulla a che vedere, oltre che con la vegetazione ripariale ad ontano nero (Alnus glutinosa), salici, saliconi (Salix spp.pl.) e pioppo nero (Populus nigra), neppure con la vegetazione autoctona del bosco planiziale, il querco carpineto che una volta ricopriva la Pianura padana ed oggi è ridotto a pochi lembi lungo le principali valli fluviali tutelate nei Parchi.
I pioppeti coltivati a schiera in ogni caso sottraggono spazi alla biodiversità anche quando sono impiantati illegalmente nelle lanche, che sono demaniali (!), e lungo le fasce di rispetto dei fiumi. Ma anche i fautori della poco "green" ma nei fatti solo economy, e di una "sostenibilità" solo a parole dovrebbero usare più precauzione prima di avallare scelte di approvvigionamenti energetici a biomasse, tenuto conto poi che il pioppo non fotosintetizza neppure da settembre ad aprile e quindi è pure un arbitrio evocare il Protocollo di Kyoto. Ci vuole invece più precauzione ad avallare scelte solo economiche quando ciò comporta la cancellazione di foreste naturali, alla stregua di quanto accade nelle foreste pluviali del mondo a causa degli impianti industriali a palma da olio africana.
E soprattutto quando lo si usando fondi che sono destinati al miglioramento ambientale e non alla distruzione delle ultime tracce di foresta naturale.
E soprattutto quando lo si fa usando fondi che sono destinati al miglioramento ambientale e non alla distruzione delle ultime tracce di foresta naturale.
La Regione Lombardia, nell'ambito del Piano di sviluppo rurale, ha pubblicato un bando da 4 milioni di euro per supportare progetti di forestazione e imboschimento. Il bando è rivolto alle imprese agricole individuali e alle società agricole di persone, capitali o cooperative.
La superficie minima interessata dall'impianto deve essere di 10.000 metri quadri. Le domande sono già state presentate dal 13 marzo 2019.
Evidentemente quanto sostenuto da Regione Lombardia per promuovere questa misura, e cioè di voler contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ridurre gli apporti chimici, incrementare la biodiversità e migliorare il paesaggio, è solamente pretestuoso, perché la realizzazione di produzioni legnose incompatibili con le condizioni ecologiche del territorio padano, ed anzi qualora comporti la distruzione
della vegetazione igrofila e delle aree umide lungo i fiumi padani, non può avere alcun connotato di reale sostenibilità, perché comporta lungo i fiumi dissesto idro geologico e gravissima perdita di biodiversità.

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