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Le ricariche per viaggiare elettrico

Riccardo Graziano

Chi ha scelto di viaggiare in elettrico ben di rado è disposto a tornare all’auto tradizionale, anche se ha dovuto subire qualche inconveniente. Ma chi non si sente di compiere questo passo trova svariate motivazioni per non farlo. Una di queste è la difficoltà a ricaricare l’auto quando si è in viaggio, problema che ridurrebbe le autonomie, aumenterebbe i tempi di percorrenza e, in definitiva, impedirebbe di compiere lunghi percorsi. Questo perché mancherebbero le infrastrutture di ricarica pubblica, le cosiddette “colonnine”. Ma le cose stanno davvero così?
Questa situazione era in effetti vera qualche anno fa, ai tempi in cui optare per l’auto elettrica era davvero pionieristico, qualcosa a esclusivo appannaggio di pochi temerari o di chi possedeva comunque un’altra auto con motore a scoppio, per ogni evenienza. Ma le cose sono cambiate piuttosto in fretta e tuttora sono in rapida evoluzione. Per fare un esempio concreto, nel non lontano 2015 in tutto il Piemonte esistevano 2 (due!) colonnine pubbliche per la ricarica, in un centro commerciale poco fuori dal capoluogo. Oggi, se ne possono contare all’incirca un centinaio, distribuite su tutto il territorio regionale. Un incremento analogo può essere registrato nell’intero Paese, anche se con differenze a volte rilevanti fra Regione e Regione.

Di questo passo, fra non molto le infrastrutture per la ricarica elettrica saranno più numerose e soprattutto più capillari dei distributori di carburante.
Concentriamoci un attimo su questi ultimi: il nostro modello di sviluppo, incentrato sulla mobilità privata o comunque su gomma, ha imposto la diffusione massiccia dei distributori, tanto che oggi li diamo per scontati. In realtà, agli albori della mobilità automobilistica, non era affatto così. I pionieri delle quattro ruote avevano problematiche di rifornimento analoghe a quelle dei primi automobilisti “elettrici”, tant’è che per avventurarsi fuori città spesso si portavano delle taniche di riserva. Solo dopo sono arrivate le “infrastrutture” di supporto, ovvero la rete dei distributori, che consentono alle auto con motore a scoppio di spostarsi senza problemi di rifornimento.
Tuttavia, se analizziamo le cose in maniera oggettiva, prescindendo dallo status quo, ci rendiamo conto che non si tratta di un sistema ottimale, visto che le stesse stazioni di rifornimento vanno rifornite. E lo si deve fare con una filiera e con trasporti dedicati, perché i combustibili non nascono sotto le pompe di benzina. Arrivano da raffinerie spesso distanti centinaia di chilometri, dove erano arrivati sotto forma di greggio da giacimenti distanti migliaia di chilometri. Un sistema decisamente poco efficiente, se ci pensate un attimo.
Al contrario, la rete elettrica è decisamente più estesa, capillare e meno impattante. Ovunque possiamo trovare una presa di corrente, dove l’energia affluisce alla velocità della luce, ovvero in maniera pressoché istantanea, dalle centrali elettriche. O, meglio ancora, può essere prodotta direttamente lì. Non a caso, fra i primi acquirenti di auto elettriche ci sono moltissimi proprietari di pannelli fotovoltaici, che producono direttamente l’energia necessaria ai propri spostamenti, con costi decisamente contenuti, una volta ammortizzato l’investimento iniziale.
Una soluzione che, in prospettiva, andrà attuata anche per le colonnine pubbliche poste lungo la rete stradale. In Olanda, per esempio, esistono già distributori di corrente installati sotto grandi coperture fotovoltaiche, che provvedono a gran parte del fabbisogno energetico erogato. Non è difficile estendere un simile modello: basta installare pannelli solari sulle tettoie degli attuali distributori e sostituire gradualmente le pompe con le colonnine. Naturalmente, occorre un investimento rilevante, ma decisamente alla portata delle compagnie petrolifere, se la volontà politica le indirizzasse in tal senso. Ma questo, per ora, è un discorso utopistico.

Al momento, le colonnine vengono piazzate dalle aziende energetiche o da operatori indipendenti, che vanno a collocarle dove ritengono opportuno secondo vari criteri, primo fra tutti la disponibilità di potenza adeguata. Poi vengono le convenzioni con centri commerciali, Comuni e imprenditori privati, come gli albergatori che offrono la ricarica ai propri clienti.
In questo mosaico di operatori, convenzioni e tariffazioni varie, dove ancora si fa un po’ fatica a rendere omogeneo l’insieme, possiamo però già vedere numeri importanti, tali da metterci a livelli confrontabili con quelli delle altre nazioni europee. Vediamo di quantificare in cifre.
Come numero di prese di ricarica pubblica, primeggia di gran lunga la Germania, con oltre 22.000, seguita da Regno Unito (quasi 14.000), Olanda (oltre 10.000) e Norvegia (quasi 8.000). L'Italia, con circa 4.200 prese in 2.100 postazioni, è in quinta posizione e precede Svezia e Francia. Unico neo, la scarsa disponibilità di fast, le colonnine di ricarica veloce che consentono di rifornire in tempi più rapidi. Per capirci, un’auto elettrica media, con una batteria della capacità di 50 kWh in grado di garantire autonomie intorno ai trecento chilometri, impiegherebbe oltre due ore a fare il pieno in una colonnina standard che eroghi 22 kW, mentre con una fast in grado di fornire 43 kW potrebbe recuperare in meno di un’ora circa l’80% del “pieno”, sufficiente a consentire oltre 200 km di percorrenza.
Le cose vanno un po’ meno bene nel rapporto fra punti di ricarica e popolazione, perché con una media di una colonnina ogni 14.388 abitanti siamo nelle zone basse della classifica, ben distanti dalla Norvegia (1 presa ogni 671 abitanti), dall’Olanda (1 ogni 1.665) e dalla Germania (1 ogni 3.620), ma comunque meglio di Francia e Spagna.
Buona invece la proporzione fra colonnine e auto da ricaricare, contando sia le elettriche pure (BEV) che le ibride ricaricabili (PHEV), che vede un rapporto di 2,23 vetture per ogni presa. Sarebbe un ottimo risultato, sennonché il merito va più alla scarsa diffusione di questo tipo di veicoli, piuttosto che all’abbondanza di infrastrutture. Ma c’è in questo il lato positivo, ovvero che l’attuale rete distributiva sarebbe già in grado di supportare un auspicabile aumento del parco elettrico circolante.

Dunque, già oggi è possibile optare per l’auto elettrica non solo per l’utilizzo quotidiano in ambito metropolitano, ma anche per quelle volte che può capitare di usarla per le gite fuori porta o per andare in vacanza. Occorre solo l’accortezza di programmare l’itinerario con una certa attenzione, tenendo conto della disponibilità e accessibilità di colonnine e dei tempi di ricarica, al momento sicuramente superiori rispetto a quelli del rifornimento tradizionale. Tempi che possono essere proficuamente impiegati per soste di ristoro o per visite turistiche, a seconda delle opportunità o degli interessi. Un modo di viaggiare diverso, ma non per questo penalizzante, anzi forse più consapevole. Di sicuro più ecologico.

Appuntamenti trascorsi

Dal 2020, Dialoghi di Pace, sedi e date diverse (più info >>> www.rudyz.net/dialoghi)

2020 12 06 Magnago (MI), L'uomo saggio rispetta i comandamenti: riflessioni sull'interdipendenza fra le creature a partire dalla Laudato si'.
Incontro a distanza nell'ambito delle "domeniche comunitarie - è tempo di scelte" organizzate a Magnago (MI) dalla parrocchia di San Michele e dall'Azione Cattolica.
Per questo appuntamento sono state richieste la collaborazione del Gruppo Naturalistico della Brianza Cusano Milanino e la partecipazione di Giovanni Guzzi.
Gli interessati a ricevere la presentazione la richiedano a sanpioxc@gmail.com.

2020 09 26 San Giuliano Milanese (MI), Convegno "Rocca Brivio, un bene pubblico da tutelare e valorizzare" (apri la locandina >>>)

Comunicato di Pro Natura Lombardia contro la proposta dell'Assessore all'Agricoltura di voler destinare alla pioppicoltura industriale le aree golenali demaniali della Regione

L’Assessore Regionale all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi propone di destinare le aree del demanio di propria competenza allo sviluppo della pioppicoltura vantandone potenziali benefici ambientali ed economici.
Nello specifico le aree che sono indicate dal comunicato dell’Assessore, che riprende la comunicazione presentata il 22 marzo in Giunta regionale, sono limitate in termini assoluti, complessivamente poco più di tremila ettari, insufficienti a ripianare la riduzione della coltura di pioppo in Regione che è registrata negli ultimi anni, (certo legata a dinamiche economiche certamente preoccupanti e di devastante impatto ambientale nelle aree tropicali e in Nord Europa), è tuttavia una superficie significativa e qualitativamente importante.
Si tratta, come appare indicato nella nota dell’assessore, di aree connesse al reticolo idraulico principale, il cui mantenimento nella disponibilità pubblica ha lo scopo di conservarle alla principale destinazione di protezione idraulica ed ambientale.
Nel contesto della crisi ambientale generale, descritta dal modello dei “planetary boundaries”, i limiti planetari che l’attività umana sta superando, mettendo così a rischio la sopravvivenza della vita sul pianeta (https://www.researchgate.net/publication/270898819; https://www.stockholmresilience.org/publications/artiklar/2016-04-15-planetary-boundaries-guiding-human-development-on-a-changing-planet.html), consegue che tali aree siano preziosi elementi di difesa della biodiversità naturale e di regolazione dei cicli biogeochimici, oltre che del regime idraulico dei fiumi del regime padano: da decenni lungo le rive del Po e dei principali fiumi padani le comunità vegetali naturali sono state pressoché cancellate e la distruzione continua. I boschi igrofili sono quelle formazioni ripariali e planiziarie di cui rimangono solo pochi lembi ai margini dei fiumi e nelle aree retrodunali. Una volta erano superbe foreste formate da piante di grandi dimensioni, pioppi, salici, ontano nero, frassini, e farnia che rappresentavano la serie vegetazionale dei boschi igrofili ripariali e che conservano un prezioso valore di biodiversità.
Causa di tale devastazione sono spesso gli impianti intensivi della pioppicoltura intensiva con cultivar di pioppi ibridi canadesi che non nulla hanno a che fare con la vegetazione autoctona delle aree planiziali: la vegetazione ripariale e con la foresta planiziale: il querco-carpineto, esteso un tempo su tutta la Pianura padana ed oggi ridotto a pochi lembi lungo le principali valli fluviali (generalmente sotto la tutela dei Parchi regionali). Nella stessa situazione sono le aree umide quali paludi, torbiere, distese di acqua stagnante o corrente. In Italia tra il 1938 e il 1984 abbiamo perso il 66% di queste aree (ISTAT & ISMEA, 1992) ed il tasso di declino e perdita di alcune popolazioni di specie legate agli ecosistemi acquatici è quadruplicato dal 2000 a oggi.
L’idea di utilizzo delle aree di rispetto fluviale dell’Assessore Rolfi contiene dunque una grave minaccia: sottrarre aree strategiche alla conservazione della biodiversità e alla protezione idrogeologica (meglio svolta dalle comunità biologiche naturali) per impiantare schiere di pioppelle: c’è un problema di tecniche produttive, da adeguare ai principi dell’agroecologia e della produzione biologica rispettosa della biodiversità programmata e non programmata negli agroecositemi; ma soprattutto di localizzazione dell’attività di pioppicoltura da escludere in aree cruciali per la conservazione della biodiversità, quali le aree di rispetto fluviale.
Sul piano normativo rileviamo che l’art. 1 della Legge 5 Gennaio 1994, n. 37 (Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche) prevede che i terreni abbandonati dalle acque correnti appartengono al Demanio pubblico. Ma l’invito di estendere (o conservare) la pioppicoltura intensiva nelle aree demaniali dei fiumi lombardi è incompatibile con la normativa vigente per la quale il suolo degli alvei abbandonati dal corso dei fiumi sono assoggettati al regime del Demanio pubblico sono quasi sempre tutelati dai vincoli previsti dal Testo Unico ambientale e non si possono manomettere.
Rileviamo poi che i presunti vantaggi in termini di stoccaggio di carbonio della pioppicoltura intensiva vanno valutati al lordo delle connesse profonde modificazioni dello stato dei terreni, che provocano perdite di sostanza organica dal suolo e della scarsa durata dello stoccaggio del carbonio nei prodotti ottenuti dalla pasta di legno. Infine l’impatto degli interventi antiparassitari nel pioppeto è paragonabile a quello su altre colture intensive, quali il mais o i fruttiferi.

San Giuliano Milanese, 29 marzo 2021

Franco Rainini

INVITO AD ADERIRE AL COORDINAMENTO PRO NATURA LOMBARDIA

Cari amici,
cominciamo costruttivamente la "famigerata" fase due post-COVID costituendo il coordinamento regionale Pro Natura Lombardia.
Le prime riunioni con questo obiettivo risalgono all'avvio del millennio, alcune delle persone che promossero quel tentativo oggi non sono più tra noi e più che mai ne sentiamo la mancanza.
Nel 2019 abbiamo avviato alcune iniziative di collaborazione: con il Gruppo Naturalistico della Brianza, in particolare con Umberto Guzzi, la Federazione è stata rappresentata nel Contratto di Fiume Lambro Settentrionale ed in altri contesti nei quali sono state portate proposte significative.
In questa e in altre occasioni la Federazione Nazionale ha assunto direttamente la funzione di rappresentarci, mentre le altre associazioni ambientaliste avevano rappresentanze Regionali più o meno strutturate, in grado di rispondere con maggiore immediatezza e forti del contatto diretto con le organizzazioni del territorio.
In prospettiva anche nel riverbero della grave crisi in corso molti sono gli impegni che la Federazione e le sue federate debbono assumere in Lombardia. Riguardano la tutela della qualità della vita nell'area milanese, la tutela della biodiversità, il contrasto a un sistema agricolo che alimenta soltanto i grandi conglomerati industriali a scapito della salute e degli interessi di agricoltori e cittadini, non ultima la necessità di contenere la continua violazione delle norme Nazionali e Comunitarie che una piccola minoranza di cacciatori sovrarappresentati politicamente impongono a questa Regione.
In questo quadro, e constatate le (oggettive) difficoltà che troviamo nel far partire ORA l'Associazione Pro Natura Lombardia sembra sensato proporre un modello organizzativo leggero, che non precluda la possibilità di uno sviluppo futuro ma che dia a tutti noi la possibilità di una rappresentanza diretta a fronte delle istituzioni Regionali, inaccessibili da ciascuna nostra associazione da sola.
Per rafforzare la nostra rappresentatività di una realtà Regionale tanto vasta, il coordinamento è aperto anche ad organizzazioni esterne alla Federazione purché si riconoscano nei principi del nostro statuto.
I termini di questa partecipazione sono fissati nel quadro dello stesso Statuto Federale ed hanno precedenti in altre realtà regionali.
Un primo significativo nucleo di associazioni federate ha sottoscritto il Protocollo di adesione (apri pdf >>>) avviando così il coordinamento.
Neppure per un attimo pensiamo a questa proposta come ad un punto di arrivo, la riteniamo invece un passaggio necessario per rafforzare e allargare la forza del movimento ambientalista in Lombardia, per cui ciascuna delle nostre organizzazioni deve giocare un ruolo maggiore.
Siamo tutti consapevoli che una sigla in più non ha alcun valore se non è sostenuta dalla volontà di fare insieme qualcosa di utile.
La diversità della natura e degli scopi presente tra le federate e le associazioni amiche deve essere considerata un elemento di forza per cui affrontare con flessibilità e creatività la disastrata realtà delle questioni ambientali in Lombardia.
Un caro saluto a tutti.

Franco Rainini
Coordinatore PRO NATURA Lombardia
maggio 2020

COMUNICATI

Comunicato congiunto in merito all'emendamento in discussione al Consiglio regionale lombardo che prevede una "deregulation" della Legge regionale 26/1993 sulla caccia (apri il pdf >>>)

Osservazioni al processo di verifica del regolamento regionale 7/2017 in occasione dell’Avvio secondo monitoraggio del r.r. 23 novembre 2017, n. 7 «Regolamento recante criteri e metodi per il rispetto del principio dell’invarianza idraulica ed idrologica ai sensi dell’articolo 58 bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)» - 2023 03 31 (apri il pdf >>>)

Comunicato congiunto contro l'attacco dei cacciatori all'Arma dei Carabinieri - 2021 10 22 (apri il pdf >>>)

Comunicato di Pro Natura e WWF in merito al "Raid motonautico Pavia-Venezia" - 2021 05 24 (apri il pdf >>>)

Regione Lombardia: in aula le norme a favore del bracconaggio - 2021 05 15 (apri il pdf >>>)

Lombardia: in arrivo le nuove norme a favore del bracconaggio e la mancata ottemperanza di individuazione dei valichi da tutelare - 2021 04 22 (apri il pdf >>>)

Comunicato di Pro Natura Lombardia contro la proposta dell'Assessore all'Agricoltura di voler destinare alla pioppicoltura industriale le aree golenali demaniali della Regione - 2021 03 29 (leggi di più >>>)

Comunicato delle Associazioni ambientaliste - In Regione Lombardia si prospetta il più massiccio attacco alla fauna selvatica di tutti i tempi. Impedimento dei controlli, norme a favore del bracconaggio, caccia in deroga anche al cardellino - 2021 03 23 (leggi di più >>>)

Le associazioni pro tramvie del Nord Milano replicano al sottosegretario Buffagni - 2020 10 23 (leggi di più >>>)

Giù le mani dai Carabinieri Forestali. Stop al bracconaggio in Lombardia - 2020 10 23 (leggi di più >>>)

Ricorso al Presidente della Repubblica contro il tentativo di stravolgere il sito di rilevanza comunitaria di Monte San Primo (CO) - 2020 09 04 (apri il pdf >>>)

Richiesta di riesame e di annullamento in autotutela della modifica operata della ZRC San Primo, inserita nel comprensorio alpino "Penisola lariana afferente al territorio della Provincia di Como" in assenza di VAS e di VINCA - 2020 08 12 (apri il pdf >>>)

Comunicato sull'azzeramento da parte della Giunta lombarda dell'ERSAF, l'ente regionale per i servizi all'agricoltura e alle foreste - 2020 07 14 (apri il pdf >>>)

Contributo alla procedura di verifica di assoggettabilità alla Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) per il Programma regionale per il recupero e la valorizzazione del patrimonio minerario dismesso - 2020 06 27 (apri il pdf >>>)

Comunicato contro le norme di modifica alla Legge Regionale 26/93 che regolamenta la caccia - 2020 05 26 (apri il pdf >>>)

Atto di diffida al voto degli emendamenti al PDL 118/2020 in materia venatoria - 2020 05 18 (apri il pdf >>>)

Appoggio al Manifesto per un futuro sostenibile in Lombardia avanzato da Legambiente, Italia Nostra e WWF - 2020 05 18 (apri il pdf >>>)

Verso un Piano Strategico per il Po. Proposte della Federazione nazionale Pro Natura (apri il pdf >>>)

Proposte avanzate dalla Federazione Nazionale Pro Natura riguardanti l’adozione di misure che è necessario assumere nel bacino del fiume Lambro Settentrionale in ordine alla riduzione del rischio idraulico, alla difesa degli acquiferi profondi e per la riduzione del grado di inquinamento delle acque e dei suoli - 2019 10 08 (apri il pdf >>>)

Giù le mani dai Carabinieri Forestali. Stop al bracconaggio in Lombardia

Da oltre trent'anni le Associazioni ambientaliste firmatarie questo comunicato si battono per il ripristino della legalità nelle province di Brescia e Bergamo, a viso scoperto e sempre in leale collaborazione con le Istituzioni. Per questo motivo si dissociano con forza da azioni come quella che la settimana scorsa hanno comportato il danneggiamento di alcuni capanni da caccia in Franciacorta e in Val Brembana; gli autori di atti hanno ottenuto l’unico risultato di regalare alle solite sigle venatorie estremiste l'occasione per attaccare l'attività antibracconaggio.

Il danneggiamento dei capanni da caccia, opera di sedicenti animalisti, è stato infatti utilizzato da talune sigle venatorie per attaccare nuovamente gli organi di controllo con la diffusione di un comunicato stampa per così dire "fuori tema". Non poteva mancare poi, come ogni anno, il triste teatrino dei facinorosi “sparatutto” che si oppongono ai controlli dell'attività venatoria. Per costoro la verifica dei carnieri, dei richiami e di tutto ciò che è previsto per legge si trasforma puntualmente in perquisizioni arbitrarie e violenza ai danni di “indifesi cacciatori”, a cui sono accertate violazioni e comportamenti da bracconieri, cioè delinquenti molto spesso abituali.

A tutto ciò quest’anno si è aggiunta la singolare imposizione di indossare un abbigliamento ad alta visibilità da parte delle Guardie venatorie volontarie, tentativo puerile di inficiare l’attività di vigilanza.

È di questi giorni un video che mostra un controllo effettuato dai Carabinieri Forestali in Alone di Casto che è stato infatti utilizzato pretestuosamente per attaccare nuovamente la legittima attività di Polizia Giudiziaria. Evidentemente per taluni l'abbattimento di specie protette e la detenzione di richiami vietati, così come l’uso di reti da uccellagione e trappole, soprattutto in talune "zone franche", sono reati che non andrebbero perseguiti: Monte Ladino di Lumezzane (l'area in cui èavvenuto il controllo), le piane della Val Camonica, Preseglie sono solo alcuni luoghi in cui l'illegalità venatoria èprassi comune e i controlli impediti con vari stratagemmi (strade chiuse da sbarre, recinzioni create ad hoc, staffette che raccolgono gli uccelli protetti per eludere la vigilanza ecc.).

Proficue attività commerciali prosperano grazie al bracconaggio: come accertato a Trescore Balneario in provincia di Bergamo, dove centinaia di richiami vivi di provenienza illegale sono stati sequestrati dai Carabinieri Forestale ad un commerciante, che già aveva subito qualche anno prima analoga sorte a opera dell’ex Corpo Forestale e il cui procedimento penale, incomprensibilmente, era rimasto fermo sui tavoli dell’Autorità Giudiziaria e quindi l’autore dei reati accertati è rimasto impunito.

L'attacco alle Forze dell'Ordine e alla vigilanza venatoria nel suo complesso è una strategia oramai nota e ripetitiva e se si vuole anche noiosa, che ha il solo fine di garantire impunità ai bracconieri e il permanere degli interessi economici e clientelari legati al mondo della caccia illegale.

Non dimentichiamo che queste province sono identificate tra le aree “Black Spot” nel Piano d’Azione Nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici del Ministero dell’Ambiente; in questo contesto di non rispetto delle normative nazionali e internazionali proliferano situazioni inconcepibili come appostamenti fissi di caccia autorizzati in proprietà private recintate, oppure attaccati o trasformati in villette o case, che - grazie alla Legge regionale che le definisce "immobili a carattere rurale destinati al riposo del cacciatore" possono dribblare anche i divieti della legislazione urbanistica e paesaggistica e garantiscono l’elusione dei controlli e il continuo massacro di uccelli protetti.
Gli ambientalisti che operano sul territorio in realtà sono ben consapevoli che molti cacciatori sono contrari all'illegalità e collaborano quotidianamente con segnalazioni puntuali sugli episodi di bracconaggio. Purtroppo questi cacciatori non sembrano trovare voce nelle associazioni che li rappresentano, che invece sembrano solo volere l’allentamento dei controlli e raccontare una favola distorta, dove il bracconaggio è inesistente o residuale e non invece pervasiva pratica come nella realtà.
Le Associazioni ambientaliste chiederanno nei prossimi giorni un incontro al Prefetto, al Procuratore della Repubblica e al Comandante dell’Arma dei Carabinieri di Brescia, alla luce della situazione del bracconaggio fuori controllo e con l’intento di chiedere il massimo impegno dello Stato in difesa della Natura e della legalità.

Milano, 23 ottobre 2020

Cabs
Enpa
Gaia
Gruppo Ornitologico Lombardo
Lav
Lega Abolizione Caccia
Legambiente Brescia
Lipu
Pro Natura Lombardia
WWF Lombardia

Le associazioni pro tramvie del Nord Milano replicano al sottosegretario Buffagni

Dopo aver letto le dichiarazioni alla stampa di Stefano Buffagni sul prolungamento della Metropolitana 5 di Milano e la realizzazione della metrotranvia Milano - Seregno ricordiamo che la metrotranvia costituisce l'asse di collegamento tra i paesi lungo la vecchia Valassina. Sia lo studio di per la M5 sia quello per la M3 la considerano come realizzata.
Purtroppo, anche da Stefano Buffagni, l'ipotesi di M5 viene considerata come un grimaldello utile a scardinare il progetto della tranvia che, ad oggi, è l'unico concretamente realizzabile per il Nord Milano. A titolo di esempio facciamo notare che nel 1981 è stato eliminato il tram Milano-Vimercate (noi c'eravamo!) promettendo che a breve sarebbe stata prolungata M2 da Cologno Monzese. Sono passati 40 anni. Forse ora c'è un progetto concreto che riguarda però una tranvia moderna.
Ben vengano i 15 milioni di euro promessi da Buffagni. Non risulta però sia ancora stata presa una decisione su cosa fare in merito allo sbinamento della M5 verso Bresso e Cusano Milanino anche perché questa decisione andrebbe inquadrata in uno studio generale sul trasporto del Nord Milano. Esiste questo studio? Nemmeno risulta sia stato prodotto il secondo passaggio del PFTE sullo sbinamento M5 con la relazione costi-benefici (Buffagni diceva che sarebbe stato fatto in tempi brevissimi).
Infine confutiamo un'altra falsa affermazione. L'eventuale sbinamento di M5 non può influire minimamente sul progetto della metrotranvia che è allo stadio di progetto esecutivo appaltato.
Per questo motivo, come in più occasioni abbiamo già fatto notare, la richiesta dei Sindaci di Bresso e Cusano di rivedere il progetto trasformandolo a binario unico non è minimamente accoglibile. Sorprende sia stata avanzata anche dal punto di vista sostanziale: visto che l'obiettivo del progetto è dare sino a Calderara un servizio simile a quello milanese della linea 4.
Ci si lamenta del fatto che i Comuni esterni a Milano vengono trascurati ma poi ci si oppone ai miglioramenti per accontentare non si capisce bene chi. Forse qualche elettore che preferisce usare come parcheggio personale lo spazio già attualmente sede dei binari.

23 ottobre 2020

Gruppo Naturalistico della Brianza Cusano Milanino - Comitato per il tram, Utenti Trasporto Pubblico, Pro Natura Lombardia

Per approfondire: apri il pdf >>>

ECOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE

LETTERA APERTA ALLA FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA

Carissimi Presidente, Consiglio Direttivo, associazioni federate e soci tutti della Federazione Nazionale Pro Natura,

come noto i principali - cosiddetti - “social” prevedono l’obbligo di registrazione sulle rispettive piattaforme per l’utente interessato ad accedere ai contenuti che vi sono proposti. Per questo motivo, se il privato cittadino è ovviamente libero di comportarsi come crede, ritengo invece inopportuno il loro uso sistematico, come abituali canali di comunicazione, da parte delle istituzioni pubbliche e di quelle private, incluse le associazioni.
Sul tema vorrei quindi aprire un confronto costruttivo nell’ambito della Federazione Nazionale Pro Natura sottoponendo alla comune riflessione alcune argomentazioni in proposito.
Perciò chiedo ospitalità per questa “lettera aperta” sui nostri “media” ed il suo inoltro alle singole associazioni federate che auspico vorranno rilanciarla sui propri.

RIFLESSIONI SUI SOCIAL (SPECIALMENTE FACEBOOK) - ECOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE

1. Soluzione comoda
So bene che molte associazioni, specialmente le più piccole e meno strutturate, sono in rete esclusivamente sulle piattaforme social: principalmente Facebook, perché la soluzione è tecnicamente più semplice rispetto alla pubblicazione e gestione di un vero e proprio sito internet ed è “apparentemente” senza costi.
Però Pro Natura un sito ce l’ha.

2. Efficacia della comunicazione tramite piattaforme social per Pro Natura
Per non ragionare “a sentimento” ma su basi concrete, chiedo se sia disponibile qualche dato / informazione in proposito da rendere noto.
Infatti credo sia utile (sempre come e quando si può) avere una misura dell’efficacia riscontrata attraverso questi strumenti di comunicazione, l’esperienza che ho io (anche di amici che hanno usato i servizi di Facebook a pagamento) non è che sia proprio quella attesa o creduta (ma posso anche sbagliarmi, quindi sarei contento di conoscere dati oggettivi che dimostrino il contrario).

Nell’intestazione del riquadro Facebook sempre presente “di spalla” su ogni pagina del sito di Pro Natura, al 7 ottobre 2020 leggo il numero “2011 mi piace”: non propriamente un gran successo (così come i poco più di 2000 seguaci e le 48 registrazioni)! A numeri analoghi a questi arrivo, ogni mese, grazie all’autorevolezza che ho acquisito per i suoi contenuti e senza che io abbia fatto alcuna pubblicità, semplicemente con il mio modesto sito giornalistico L’Eclettico (www.rudyz.net/eclettico), e io non sono certo un noto personaggio pubblico “influenzatore” di masse.

Da quel che so sulla situazione finanziaria e sui numeri delle adesioni alla Federazione Pro Natura (o ad altre associazioni che conosco ad essa affiliate) non mi risulta che la presenza sui social sia foriera di una grande utilità per noi (come per la maggior parte di chi vi è presente). Viceversa i nostri piccoli numeri, sommati a quelli di tanti altri come noi, decretano il successo commerciale dei padroni delle piattaforme.

Anche frasette come “Di’ che ti piace prima di tutti i tuoi amici” le trovo un po’ infantili ed un po’ stonate per chi, come Pro Natura, propone contenuti e proposte di ben altro livello; d’altra parte sono emblematiche della considerazione che i gestori dei social hanno per i loro utenti.

3. Le multinazionali
Multinazionali come Coca Cola ed altre, che molti di noi hanno boicottato e boicottano tuttora per ottime ragioni, ora a loro volta boicottano i social perché le azioni scorrette di questi ultimi ne danneggiano l’immagine (ed abbiamo detto tutto): farci “superare in coerenza” da queste realtà, che di etico hanno ben poco, mi sembra paradossale.

4. Spregiudicatezza e falsità dei social
Per le informazioni che ne ho leggendo quotidiani di una certa condivisibile serietà - NB le mie considerazioni si riferiscono in particolare a Facebook - sappiamo tutti quanto le piattaforme social più in uso, al di là della facciata “perbenista” o delle elargizioni caritatevoli (ben sfruttate mediaticamente oltre il loro risibile importo rispetto ai propri fatturati: come quella che tempo fa è valsa a Zuckerberg l’apertura di tutti i TG di prima serata con un minuto di servizio e ripresa video accanto a Papa Francesco: per una volta dimostratosi più sprovveduto di quanto in realtà sia):

  • prediligano contenuti riprovevoli, che hanno determinato anche gravi casi di cronaca nera (i cui filmati ancora vi circolano),
  • si pieghino al tradimento delle opposizioni democratiche ai regimi dittatoriali ancora esistenti in diversi paesi nel mondo,
  • possano arrivare fino alle conclamate scorrettezze in sede di consultazioni democratiche (che quindi tali, in definitiva, non sono state),
  • per non dire dei discutibili sistemi di filtro/blocco dei contenuti non opportuni, che spesso agiscono con criteri penalizzanti proprio per quelli invece più validi.

Purtroppo a “fare più contatti” è chi rimesta nel torbido e questo non sfugge a chi dal numero di contatti trae profitto.

5. Finalità dei social
La finalità di questi strumenti è fondamentalmente VENDERE IL TEMPO CHE RIESCONO A TENERCI COLLEGATI. Tenendo a mente questo, si capisce facilmente come ogni meccanismo di Facebook, WhatsApp (dal 2014 acquisita da Facebook), compagnie telefoniche e tutti gli altri è appositamente costruito con questo scopo, dimostrando un’ottima conoscenza della psicologia dell’essere umano.
Per fare soldi senza farsi scrupoli.
Lo dimostra come sono arrivati al successo, ciascuno cominciando con un’azione disonesta, personaggi come Zuckerberg, Gates ed altri. Replicando su altra scala economica e planetaria quanto nella nostra piccola Italia ha fatto un altro ben noto personaggio sceso in politica a difendere direttamente i propri interessi quando è venuto meno chi l’aveva protetto ed avvantaggiato fino a quel momento.
Poco valgono a ripulirsi coscienza e reputazione le fondazioni filantropiche costituite “a fine carriera”.
In proposito, anche per i non credenti, penso sia lapidario e condivisibile il versetto evangelico relativo a “cammelli” (che poi forse erano grandi funi di uso nautico) e “crune” di aghi.

Chi vuole davvero essere un benefattore dell’umanità si comporta diversamente.
Un esempio? Tim Berners Lee, l’inventore di internet che ha voluto condividere la sua idea anziché restarne proprietario per arricchirsi, risulta abbia dichiarato che “Il denaro è importante, ma non è tutto. La vera battaglia, da tempo, è tra chi vuole far progredire l’umanità e chi vuole fare soldi”.

In questo contesto l’illusione, propria anche di molte buone anime nel mondo ecclesiale, di portare contenuti positivi in un contesto che non è tale è, appunto, soltanto “pia” e fa il gioco dei burattinai di turno.

Sono orgoglioso di aver potuto incontrare di persona a Milano il Papa della Chiesa Copta d’Egitto: Tawadros (Teodoro) II di Alessandria, una persona che, a seguito di un grave fatto accaduto in un monastero sotto la sua giurisdizione, ha chiuso il suo profilo Facebook ed ha disposto che facessero altrettanto tutti i religiosi appartenenti alla sua Chiesa.

6. Analisi degli esperti della comunicazione
Conoscenti appartenenti ad associazioni che hanno come finalità loro propria lo studio dei mezzi di comunicazione, mi hanno confermato quanto la mia esperienza nell’organizzazione di eventi di qualità e la contestuale misura dell’efficacia della comunicazione adottata per essi mi avevano empiricamente dimostrato: i social funzionano bene per rilanciare sciocchezze effimere come versarsi secchiate d’acqua gelida in testa: che hanno esplosioni di contatti ma poi spariscono nel nulla. Funzionano meno bene per le cose serie.
Viceversa, un autorevole studio sull’efficacia della comunicazione “social” dei musei ha rivelato quanto questa sia sopravvalutata.
Non è un caso che un’importante quota dell’influenza di questi strumenti sull’opinione pubblica deriva dal rilancio dei loro contenuti da parte della stampa pigra che si appiattisce nella comoda pratica di limitarsi a riproporre - amplificandoli - sulle proprie testate di vario genere (stampate, elettroniche e radiotelevisive) i videomonologhi o i messaggi pubblicati su Facebook invece che pensare, confrontare le posizioni, verificare le notizie e “fare domande pretendendo risposte” aiutando così i lettori ad esercitare a loro volta l’autonomia di pensiero e la capacità critica.
Proprio questa è la ragione che rende convenienti gli imponenti investimenti economici che sui social vengono condotti perché sia considerato più del dovuto il seguito di chi vuole artificialmente gonfiare la propria autorevolezza.
Non credo invece sia qui necessario soffermarsi sulle notizie false, deliberatamente propalate come vere - senza vergogna - da parte di chi riveste importanti ruoli nella società e nelle sue forme di aggregazione.

7. Responsabilità istituzionali
Per quanto ho fin qui argomentato, ritengo che nessuna istituzione pubblica (includendo nella categoria non soltanto la Pubblica Amministrazione a tutti i suoi livelli, e deprecando i suoi esponenti che cedono a questo malcostume, ma anche un’associazione ambientalista che voglia proporsi come autorevole punto di riferimento) debba utilizzare forme di comunicazione diretta che non siano pienamente pubbliche e consultabili da chiunque in tutte le sezioni in cui sono articolate senza obbligo per l’utente di registrarsi.
Attualmente ciò viene invece richiesto anche sui profili pubblici di alcuni social (un tempo accessibili liberamente a chiunque) che, almeno per certi utenti (come capita a me), restano tali solo per pochi secondi e solo per la pagina iniziale.
Nel breve volgere di qualche istante una maschera automatica copre lo schermo invitando il lettore ad accreditarsi per poter continuare la lettura.
Il comando che posticipa questo adempimento vale a togliere di mezzo la maschera solo per poco: come un pupazzo a molla che salta fuori dalla sua scatola ce la ritroviamo di nuovo addosso in men che non si dica.
Quando questo accade io chiudo direttamente tutta la pagina, orgoglioso di farlo e fiero di potermi riconoscere in un verso che Francesco Guccini canta in “Canzone di notte n. 2”: “scusate non mi lego a questa schiera... morrò pecora nera”.

8. Fiducia negli incaricati ed Etica della comunicazione
Tutto ciò premesso tengo ovviamente a precisare che non ho alcun dubbio sulla correttezza della comunicazione che la Federazione Pro Natura fa attraverso i social grazie a chi se ne occupa,
8.1 la questione che pongo, invece, è se “è etico che per fini buoni un’istituzione utilizzi strumenti che, pur di successo, hanno ombre oscure alla loro origine e nella loro conduzione” come dimostrato di recente anche con i messaggi successivi all’uccisione del ragazzo nel Lazio; io su un sistema che non blocca queste nefandezze (e non lo fa perché gli conviene ci siano) non credo si possa stare, io almeno non ci sto e mi imbarazza che ci stia l’associazione alla quale appartengo.

9. Tracciamento
Il problema del tracciamento è evidentemente implicito nella mia obiezione ed alla base di tutto: proprio l’obbligatorietà di registrarsi è il problema che sollevo quando a proporla è un’istituzione. Fra chi ha già letto queste mie osservazioni c’è chi ha osservato che “Persino il papa e il Presidente degli USA ormai fanno politica prevalentemente attraverso Twitter.”…
Ma Papa Francesco almeno non usa Facebook, che invece usa il Vaticano (ahimè), come fanno anche tanti preti, diocesi e parrocchie, e questo lo considero sbagliato, come ho già scritto.
Quanto a Trump, qualsiasi mezzo usi per me non è un modello al quale fare riferimento, in qualsiasi campo.
E comunque dissento dall’argomentazione che la politica si faccia attraverso i social, qui si fa l’apparenza: del Papa, che ha cose più serie da dire, la maggior parte dei rilanci sugli altri media non si riferiscono a quanto scrive su Twitter.
Con Trump, Salvini ed altri di ogni parte politica - ma si noti chi mi è venuto immediatamente in mente e ci si domandi il perché - è il contrario: e questo conferma le mie argomentazioni.

10. Pro Natura e il buon esempio che attrae
Una presa di posizione netta della Federazione Pro Natura in questo senso, anche adeguatamente comunicata ai media, credo sia una notizia che ci darebbe più attenzione di quanta se ne possa avere attraverso i social e magari potrebbe anche concretizzarsi nella possibilità di suscitare nuovi aderenti, il Consiglio Direttivo ci pensi.
È come quando, in una successione di spot a colori, ne compare uno in bianco e nero: che si distingue dalla massa e desta maggior interesse.

11. I giovani
Inoltre, a chi obietta: “Che noi lo vogliamo o no, oggi il mondo (soprattutto quello giovanile) comunica così”, come ho già scritto, rispondo che i social seguiti dai giovani non sono Facebook e Twitter, chi fra i lettori è insegnante può verificarlo facilmente.

12. Vogliamo un’altra comunicazione
Ciò di cui c’è bisogno è di una comunicazione più riflessiva ed argomentata, che è più difficile, perché ci portano altrove tutte le forze economiche che ci vogliono condizionare: pensiamo alla telefonia, sulla quale avrei anche un altro tema da aprire con riferimento alla salvaguardia ambientale ed al risparmio energetico: mi sto battendo su questo contro il mio fornitore Wind (al quale sono arrivato lasciando per questo motivo Telecom) e cercherò di resistere fino a quando potrò.

Spero che quanto ho scritto possa essere utile per riflettere sull’argomento e procedere di conseguenza nelle relative scelte che riguardano la Federazione Pro Natura.

Per quanto mi riguarda non predisporrò mai un collegamento ad una delle pagine elettroniche di social con le caratteristiche descritte né ad altre che vi puntino.
Mi concederò solo un’eccezione quando dovrò necessariamente rilanciare la sopra citata pagina di Pro Natura Lombardia che ho con passione contribuito a costruire.
Ma nel farlo mi sentirò in imbarazzo ed in conflitto di coscienza con il mio desiderio di coerenza - la sola qualità che ci rende credibili agli occhi dei nostri interlocutori - perché porterò comunque una mia gocciolina d’acqua ad un mulino che macina una farina... “non proprio biologica”!

Grazie per l’attenzione che in Pro Natura si vorrà e potrà dedicare a questo tema, però non irrilevante.

Cordiali saluti con l’augurio a tutti dei migliori successi per tutte le iniziative di ciascuno.

Giovanni Guzzi

 

PS

Fin da piccolo ho iniziato a diffidare di chi mi prendeva per “fessacchiotto”.
A partire dai fumetti di Topolino quando, in un periodo in cui vi prevalevano storie disegnate male e “di poco spessore” (tranne la prima dopo la copertina), l’editore contava di far presa sui lettori allegando ad ogni numero dei giocattolini. Ho capito che mi prendevano per una persona di poca intelligenza... così ho smesso di comprarlo. Frequentavo le scuole elementari, ma la mia maestra mi dava da leggere anche i libri di Mario Rigoni Stern.