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Biodiversità in Italia e “next generation…”: più ambiente per il lavoro, più lavoro per l’ambiente!

Longino Contoli Amante

Non è vero che la tutela della Biodiversità in Italia contrasti il lavoro, gli investimenti e l’occupazione! Piuttosto, occorre curarsi della qualità, oltre che della quantità; ciò nell’ambito di un nuovo modello di sviluppo (ben distinto dalla “crescita”!) adeguato al “genius loci” italiano (geografico, geologico, geomorfologico, antropologico, storico e culturale) e rivolto al futuro più prossimo, da studiare anche in rapporto alla compatibilità non tanto competitiva, ma piuttosto cooperativa, tra centro e periferia (anche a livello internazionale: e. g.: cultura europea come fonte espansiva, non come fortezza assediata) e come convivenza positiva Uomo - ambiente.
In Italia, millenni d’antropizzazione hanno convissuto, anche se a fatica, con l’ambiente anantropico; ma, da un paio di secoli, l’impatto si è fatto sempre più acuto ed esteso, soprattutto con la frammentazione della rete ambientale; Riserve e Parchi, pur così essenziali, sono isole in un mare d’antropizzazione urbana, industriale, infrastrutturale sempre più invadente ed inquinante.
Si tratta, ormai, non solo di tutelare quel poco di tessuto ambientale continuo ancora esistente (non siamo a Papua – N. Guinea…), ma pure di ricucire la rete ambientale antropica in modo nuovo, sì da renderla compatibile con una ritrovata continuità ecologica semianantropica.
Ciò, non solo a livello infrastrutturale, ma pure con nuove tecniche e regole per le attività socioeconomiche.
Ma una convivenza positiva Uomo – ambiente semianantropico richiede oggi molto lavoro, in un approccio culturale non opulento, anche se non certo francescano, ma per lo meno parsimonioso e rivolto alla qualità, più che alla quantità.
Le aree protette si basano sulle funzioni scientifica, didattica, paesistica e ricreativa, ma v’è un’altra importante funzione, sovente più sentita intimamente che razionalmente: quella dell’autolimitazione che previene le crisi incontrollate.
I viventi sono in perenne confronto quasi conflittuale con l’ambiente, secondo le leggi della Termodinamica, come intuirono grandi pensatori del passato e le specie che, a volte, non trovino limiti esterni alla loro espansione possono trovarli al loro interno, anche in forma traumatica e/o conflittuale, od anche, a volte, andando incontro ad impreviste e violente crisi.
In tal senso, l’effetto “tamponante” della convivenza con gli “altri da noi” può non essere l’ultima funzione positiva della tutela della Biodiversità.
Per ottenere ciò, occorre che un “altro da noi” continui ad esistere, nella sua Biodiversità.
Ma, oggi, chi realmente si occupa della Biodiversità dal punto di vista della Biodiversità?
Chi affronta il degrado fisico, chimico, florofaunistico, ecologico delle risorse marine, pensando a mezzi di trasporti meno impattanti, contrastando l’inquinamento termico e chimico, progettando nuove reti da pesca che proteggano le cenosi bentoniche e i grandi e più selezionati riproduttori?
Chi protegge il suolo ed il soprassuolo da biocidi esiziali per l’entomofauna e le sue reti trofiche?
Chi sottrae i popolamenti autoctoni delle acque interne da estemporanee immissioni di taxa esotici, da acritiche captazioni o deviazioni ecc.?
Chi pianifica, progetta, realizza e mantiene opere d’arte delle più varie dimensioni (viadotti, sottopassi, tombini ecc.) atte a garantire la continuità ecologica dei territori attraversati e delle locali popolazioni di specie spesso assai poco vagili e che, se isolate, rischiano una pericolosa consanguineità?
Chi studia, propone e gestisce i necessari ponti biotici fra le aree protette, senza i quali Riserve e Parchi naturali subiranno un inevitabile depauperamento della Biodiversità?
Chi propugna, alfine, in Italia, nella scuola e fuori, una vera cultura naturalistica e scientificamente ambientalista pubblica?

Dunque, in linea generale; non converrà, forse:
1: Dare voce a chi non l’ha, ma può esprimersi solo con gli eventi (la natura anantropica)?
2: Guardare allo ieri, più che all’oggi, per pensare al domani?
3: Studiare il reale, non cullandosi nel sogno consolatorio ed illusorio?
4: Accettare l’”altro da noi”, per non divenire ”altri tra noi”?
5: Fare di più, ma non fare per fare?
6: Investimenti di interfaccia, non di contrasto reciproco?

Di conseguenza:

1.1: Ascoltare i competenti, anche con strutture ad hoc (“Protezione ambientale”) con funzione “setaccio” tra progetti.

2.1: Prevenire alterazioni irreversibili.
2.2: Tutelare antichi modelli di coesistenza “Uomo e <<altro>>”.
2.3: Alla “Protezione civile” aggiungere la “Protezione ecologica”.
2.4: Eliminare criticità locali o globali per promuovere la continuità compatibile antropica ed anantropica.

3.1: Potenziare l’istruzione (Scienze naturali ed ambientali).
3.2: Chiarire termini, definizioni e concetti.
3.3: Ricerca di base.
3.4: Contrastare l’ignoranza, con strumenti conoscitivi e critici permanenti, tempestivi ed istituzionali, a partire dal significato stesso di Biodiversità.

4.1: Scegliere tra l’esasperazione della “crescita” e la moderazione dell’”impronta ecologica”.
4.2: Garantire la continuità ambientale intorno all’antropizzazione acuta.
4.2.1: Modello “colloide” per la coesistenza della continuità ambientale meno antropizzata.
4.2.2: Restituire l’alveo ai corsi d’acqua.

5.1: Non “feste dell’albero” con piantumazioni su aree selvagge.
5.2: Non ripopolamenti venatori od alieutici.
5.3: Non immissione di taxa esotici.
5.4: Privilegiare il “qualitativo” sul ”quantitativo”.
5.5: Evitare gli sprechi.
5.5.1: Limiti a caccia e pesca sportive e “consumistiche”.
5.5.2: Combattere ecologicamente gli incendi rurali e boschivi.
5.6: Più ricerca finalizzata.
5.6.1: Lotta biologica in agricoltura e meno biocidi.
5.6.2: Nuove tecniche alieutiche in mare (e. g: reti più adeguate).
5.6.3: Lotta all’inquinamento dell’aria, delle acque interne, del mare, del suolo, degli ecosistemi.

Occasioni per l’integrazione e compatibilità di quanto precede con capitoli dei fondi del “Recovery fund”.

A: Verso “Digitalizzazione”:
A.1: Meno mobilità superflua e più interconnessione.
A.2: Reciproco adeguamento e controllo tra progetti.

B: Verso “Infrastrutture”:
B.1: Autonomia energetica degli insediamenti.
B.2: Non linearizzare i nuovi insediamenti.
B.3: Evitare l’interruzione territoriale continua; più ponti, viadotti, gallerie, sottopassi; tombini larghi e praticabili.

C: Verso “Istruzione”:
C.1: Evitare equivoci semantici (“Boschi vetusti”; ”Bosco verticale”; “Piantagioni e Colture arboree” sinonimi di ”Boschi o Foreste”).
C.2: Criticare pubblicamente la comunicazione di massa (anche pubblicitaria!) invadente ed ingannevole e gli slogan magniloquenti quanto vuoti, per restituire il tempo alla mente...
C.3: Tutelare e promuovere le basi conoscitive (archivi, biblioteche, collezioni, musei, luoghi e strutture funzionali di ricerca ecc.)

D: Verso “Salute”:
D.1: Igiene e salute v.s risorse bio-ambientali a rischio.

E: Verso “Turismo”:
E.1: Tutela di un patrimonio ambientale da usare senza alterarlo.

F: Verso “Parità di diritti tra sessi”:
F.1: tutelare e valorizzare la sensibilità empatica femminile v.s l’ambiente.

Da ciò, spunti per promuovere rinnovata occupazione ed il relativo lavoro, nella tutela della Biodiversità finché, forse, siamo ancora in tempo...

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