Membro di
Socia della

I record del 2023 - European State of the Climate 2023

di Sofia Filippetti

 

 

Il maggior numero di giorni con “stress termico estremo”. La più grande area colpita da almeno “stress termico forte”. Il più grande incendio. Le più alte portate dei fiumi di dicembre. La più elevata proporzione di generazione di energia da fonti rinnovabili. La più calda ondata di calore marino nel nord-est Atlantico.
Eccoli qua, i record europei del 2023.

L’abbiamo pensato tutti: è stato un anno rovente. E questo pensiero, questa percezione, sono stati confermati senza ombra di dubbio dai dati scientifici: il 2023 è stato il secondo anno più caldo mai registrato in Europa.
Se questo quasi-primato non genera già abbastanza preoccupazione di per sé, il report “European State of the Climate 2023” (Copernicus Climate Change Service, World Meteorological Organization) ci ricorda che i tre anni più caldi mai registrati per l’Europa si sono verificati tutti e tre a partire dal 2020, e che i dieci anni più caldi mai registrati per l’Europa si sono verificati tutti e dieci a partire dal 2007.Riassunto: stiamo bollendo. Più o meno letteralmente. Nel 2023, infatti, abbiamo vissuto temperature più alte di 1.02–1.12°C rispetto alla media cui siamo abituati, e se vogliamo prendere come riferimento le temperature pre-industriali, abbiamo viaggiato sui 2.48–2.58°C in più. Non so voi, ma io, personalmente, la differenza tra i 30°C (registrati) e i 27.5°C (registrati) l’ho sentita tutta.

E se non è abbastanza allarmante già così, i dati ci avvisano, tranquilli e precisi, del fatto che l’Europa a partire dal 1980 (per quando tornerete indietro a rileggere: a partire dal 1980) s’è riscaldata ad una velocità doppia (sempre per quando tornerete indietro a rileggere: velocità doppia) rispetto alla media globale. Se volevamo un completo-primato, eccolo qua: l’Europa è il continente che si riscalda più velocemente di tutta la Terra.
Gli scienziati ci avvisano che tale record (si parla solo di record, in questo articolo) è dovuto ad una certa quantità di elementi, incluso il fatto che la zona dell’Artico con le temperature più-al-di-sopra-della-media di tutto il pianeta è proprio quella europea, e che le variazioni nella circolazione atmosferica ci regalano ondate di calore estivo più frequenti. Perché l’estate del 2023 avrà il quasi-primato di estate più calda mai registrata, ma è senza alcun dubbio quella che a volte ci ha fatto vivere condizioni estreme.

Sì, avete letto bene: condizioni estreme. Quand’è che usate termini del genere? “Condizioni estreme”? Fa paura, questo binomio, e fa paura ancora di più se lo dite a voce alta (dovreste provare).
Be’, a noi che abitiamo nella zona europea, l’estate del 2023 a volte ci ha fatto vivere condizioni estreme. I mesi che vanno da giugno a settembre, la cosiddetta “estate estesa”, sono stati costellati da ondate di calore, incendi, siccità e alluvioni. Contrasti rilevanti, tra temperature e precipitazioni, sul breve e sul lungo periodo, che generano ricadute importanti su ogni singolo livello della nostra esistenza. L’International Disaster Database, che si occupa di quantificare anche questi impatti, ha generato e condiviso le stime preliminari di quello che abbiamo vissuto nel 2023 che, ve lo anticipo, fanno accapponare la pelle. Si parla di 1.6 milioni di persone danneggiate dalle inondazioni, 550.000 persone colpite dal maltempo e 36.000 da incendi; considerando che il numero di decessi per queste ragioni dovrebbe essere sempre uguale a 0, le stime riportano almeno 63 morti a causa delle perturbazioni atmosferiche, 44 per alluvioni, 44 per incendi. In denaro, per chi capisce (solo?) questa lingua, una perdita stimata di 13.4 bilioni di euro. E si sta considerando la situazione unicamente in Europa, che sia ben inteso. Numeri allarmanti, e ancora non sono disponibili quelli degli effetti delle ondate di calore.

Ondate di calore che preoccupano davvero, tra temperatura reale e temperatura percepita, che hanno effetto su tutta la popolazione. Tanto che, di recente, un articolo di una qualche testata giornalistica ha ricordato che le città preparano i rifugi per difendersi dalle ondate di calore. Sembra di vivere in un qualche libro distopico (lascio a voi la scelta di decidere se firmato da Orwell, Huxley o Bradbury), ma è la nostra realtà. Vi (ci) conforto, però, dicendovi che per “rifugi climatici” si intendono tutti quegli spazi urbani pubblici che, in occasione di “stress termico estremo” o “stress termico forte”, possono fornire riparo e frescura. A leggere il termine “rifugio”, ciò a cui si pensa istintivamente è un luogo chiuso, una infrastruttura di qualche genere, come i centri civici e le biblioteche che, in effetti, rientrano proprio nella definizione. Ma gli scienziati (e non solo) definiscono come “rifugi climatici” anche gli spazi verdi, i parchi, i giardini e qualsiasi cosa che proietti un’ombra sotto cui rifugiarsi… per esempio la chioma di un albero.

Insomma, gira e rigira, arriviamo sempre allo stesso punto: per salvarci da noi stessi c’è bisogno della natura. Di quanti altri record avremo bisogno prima di impararlo?



Bibliografia e sitografia
- European State of the Climate 2023: https://climate.copernicus.eu/esotc/2023
- Storymap European State of the Climate 2023: https://storymaps.arcgis.com/stories/58d3859cd31146e2be835f7d57a38383
- Antonini Roberto, “Da Parigi a Madrid, le città preparano i rifugi per difendersi dalle ondate di calore”, Huffpost: https://www.huffingtonpost.it/dossier/terra/2024/05/18/news/da_parigi_a_madrid_le_citta_preparano_i_rifugi_per_difendersi_dalle_ondate_di_calore-15911478/

Torna indietro