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Comunicato di Pro Natura Lombardia contro la proposta dell'Assessore all'Agricoltura di voler destinare alla pioppicoltura industriale le aree golenali demaniali della Regione

L’Assessore Regionale all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi propone di destinare le aree del demanio di propria competenza allo sviluppo della pioppicoltura vantandone potenziali benefici ambientali ed economici.
Nello specifico le aree che sono indicate dal comunicato dell’Assessore, che riprende la comunicazione presentata il 22 marzo in Giunta regionale, sono limitate in termini assoluti, complessivamente poco più di tremila ettari, insufficienti a ripianare la riduzione della coltura di pioppo in Regione che è registrata negli ultimi anni, (certo legata a dinamiche economiche certamente preoccupanti e di devastante impatto ambientale nelle aree tropicali e in Nord Europa), è tuttavia una superficie significativa e qualitativamente importante.
Si tratta, come appare indicato nella nota dell’assessore, di aree connesse al reticolo idraulico principale, il cui mantenimento nella disponibilità pubblica ha lo scopo di conservarle alla principale destinazione di protezione idraulica ed ambientale.
Nel contesto della crisi ambientale generale, descritta dal modello dei “planetary boundaries”, i limiti planetari che l’attività umana sta superando, mettendo così a rischio la sopravvivenza della vita sul pianeta (https://www.researchgate.net/publication/270898819; https://www.stockholmresilience.org/publications/artiklar/2016-04-15-planetary-boundaries-guiding-human-development-on-a-changing-planet.html), consegue che tali aree siano preziosi elementi di difesa della biodiversità naturale e di regolazione dei cicli biogeochimici, oltre che del regime idraulico dei fiumi del regime padano: da decenni lungo le rive del Po e dei principali fiumi padani le comunità vegetali naturali sono state pressoché cancellate e la distruzione continua. I boschi igrofili sono quelle formazioni ripariali e planiziarie di cui rimangono solo pochi lembi ai margini dei fiumi e nelle aree retrodunali. Una volta erano superbe foreste formate da piante di grandi dimensioni, pioppi, salici, ontano nero, frassini, e farnia che rappresentavano la serie vegetazionale dei boschi igrofili ripariali e che conservano un prezioso valore di biodiversità.
Causa di tale devastazione sono spesso gli impianti intensivi della pioppicoltura intensiva con cultivar di pioppi ibridi canadesi che non nulla hanno a che fare con la vegetazione autoctona delle aree planiziali: la vegetazione ripariale e con la foresta planiziale: il querco-carpineto, esteso un tempo su tutta la Pianura padana ed oggi ridotto a pochi lembi lungo le principali valli fluviali (generalmente sotto la tutela dei Parchi regionali). Nella stessa situazione sono le aree umide quali paludi, torbiere, distese di acqua stagnante o corrente. In Italia tra il 1938 e il 1984 abbiamo perso il 66% di queste aree (ISTAT & ISMEA, 1992) ed il tasso di declino e perdita di alcune popolazioni di specie legate agli ecosistemi acquatici è quadruplicato dal 2000 a oggi.
L’idea di utilizzo delle aree di rispetto fluviale dell’Assessore Rolfi contiene dunque una grave minaccia: sottrarre aree strategiche alla conservazione della biodiversità e alla protezione idrogeologica (meglio svolta dalle comunità biologiche naturali) per impiantare schiere di pioppelle: c’è un problema di tecniche produttive, da adeguare ai principi dell’agroecologia e della produzione biologica rispettosa della biodiversità programmata e non programmata negli agroecositemi; ma soprattutto di localizzazione dell’attività di pioppicoltura da escludere in aree cruciali per la conservazione della biodiversità, quali le aree di rispetto fluviale.
Sul piano normativo rileviamo che l’art. 1 della Legge 5 Gennaio 1994, n. 37 (Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche) prevede che i terreni abbandonati dalle acque correnti appartengono al Demanio pubblico. Ma l’invito di estendere (o conservare) la pioppicoltura intensiva nelle aree demaniali dei fiumi lombardi è incompatibile con la normativa vigente per la quale il suolo degli alvei abbandonati dal corso dei fiumi sono assoggettati al regime del Demanio pubblico sono quasi sempre tutelati dai vincoli previsti dal Testo Unico ambientale e non si possono manomettere.
Rileviamo poi che i presunti vantaggi in termini di stoccaggio di carbonio della pioppicoltura intensiva vanno valutati al lordo delle connesse profonde modificazioni dello stato dei terreni, che provocano perdite di sostanza organica dal suolo e della scarsa durata dello stoccaggio del carbonio nei prodotti ottenuti dalla pasta di legno. Infine l’impatto degli interventi antiparassitari nel pioppeto è paragonabile a quello su altre colture intensive, quali il mais o i fruttiferi.

San Giuliano Milanese, 29 marzo 2021

Franco Rainini

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