Diamo un po' di numeri
Aquila Reale
Inquinamento del suolo
Un rapporto recente di Fao e Unep (Food and Agriculture Organization - United Nations Environment Programme, entrambi emanazioni dell’ONU) lancia un allarme sul crescente inquinamento dei suoli, tale da mettere a rischio la qualità del nostro cibo e della nostra acqua.
Le cause sono da individuare nelle attività estrattive, in particolare quelle legate ai combustibili fossili, nei processi industriali, nella produzione di rifiuti, nei trasporti e nelle pratiche agricole attuali, fortemente dipendenti dall’uso di prodotti chimici. Per quanto riguarda questi ultimi, lo studio evidenzia che tra il 2000 e il 2017 l’uso di pesticidi è aumentato del 75% a livello globale (circa 109 milioni di tonnellate di fertilizzanti chimici sparsi sul suolo). Cresce anche l’utilizzo di plastica in agricoltura, arrivata nel 2019 nella sola Unione Europea a 708 mila tonnellate, esclusi gli imballaggi (!).
A livello mondiale, la produzione industriale di composti chimici dal 2000 a oggi è raddoppiata, toccando i 2,3 miliardi di tonnellate, mentre le previsioni stimano un ulteriore incremento dell’85% da qui al 2030. Previsto anche un aumento nella produzione di rifiuti globale, dagli attuali due miliardi di tonnellate annui (!!) a circa 3,4 miliardi entro il 2050. La pandemia in corso, come ben sappiamo, ha contribuito a peggiorare di parecchio questa situazione, a causa dell’enorme quantità di dispositivi protettivi necessari, spesso monouso.
Secondo il rapporto, è imperativo invertire questa tendenza, puntando maggiormente su una attività di prevenzione, con la diminuzione della quantità di rifiuti prodotta, piuttosto che sulla bonifica a posteriori dei suoli inquinati, complessa e costosa. Una strategia che andrebbe attuata tramite precisi indirizzi in campo legislativo e amministrativo. Per esempio, introducendo al più presto una forma di tassazione sulla plastica, invece di rimandarla come ha fatto l’attuale Esecutivo dell’Italia...
Tutelare il pianeta è un doppio affare
Il pianeta è minacciato da tre gravi problemi ambientali: cambiamento climatico, perdita della biodiversità e inquinamento. Per evitare conseguenze catastrofiche occorre porre rimedio al più presto, il che sarebbe un affare anche in termini economici.
Lo ha reso noto un rapporto congiunto di Unep (il Programma delle Nazioni unite per l’ambiente) e Fao (l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni unite) uscito qualche mese fa, secondo il quale occorrerebbe investire circa 200 miliardi di dollari in questo decennio per ripristinare gli ecosistemi compromessi. Una cifra apparentemente considerevole, ma che in realtà è solo un quinto rispetto alla somma delle spese militari annuali di USA e UE, dunque decisamente abbordabile per i bilanci degli Stati, vista la posta in palio.
Tanto più che il rapporto calcola che ogni dollaro investito nella salvaguardia del pianeta potrebbe produrre fino a 30 dollari di benefici, fra valore dei servizi ecosistemici preservati e prevenzione del danno climatico. Un investimento davvero vantaggioso, specialmente tenendo conto del fatto che già oggi – sempre secondo il rapporto – il degrado ambientale sta minando il benessere di 3,2 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione globale.
Lo studio ha calcolato l’apporto dei diversi ecosistemi (fiumi, foreste, oceani, terreni agricoli …) alla creazione di valore e le perdite legate alla loro compromissione, giungendo alla conclusione che ogni anno perdiamo circa il 10% della produzione economica globale. Al contrario, il loro ripristino produrrebbe benefici economici, maggiori possibilità di rispettare l’Accordo sul Clima di Parigi (contenimento dell’aumento medio della temperatura al di sotto di 2°C) e potrebbe evitare il 60% delle estinzioni di specie previste se dovesse continuare la tendenza attuale.
La sola pratica dell’agroforestazione, ovvero della gestione equilibrata di coltivazioni agricole e vegetazione spontanea, potrebbe aumentare la sicurezza alimentare di almeno 1,3 miliardi di persone, praticamente la popolazione dell’intera Africa. Mentre tutelare le foreste di mangrovie, naturale barriera protettiva delle zone costiere, potrebbe mitigare i danni rivenienti dall’innalzamento delle acque degli oceani.
Insomma, tutelare il pianeta potrebbe portare ingenti benefici economici. E persino aumentare le possibilità di sopravvivenza della specie umana, allontanando il pericolo dell’estinzione di massa, nel caso a qualcuno interessasse...