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Fondi pubblici per produrre neve artificiale a Pian del Poggio: una scelta poco avveduta

Giuseppe Raggi (Montacuto, AL)

Una notizia su cui è utile riflettere: saranno spesi 128.000 euro (di cui 116.000 a fondo perduto dalla Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese e 12.000 da risorse proprie del Comune,) per un impianto di “parziale innevamento programmato del comprensorio sciistico di Pian del Poggio“, nel comune di Santa Margherita di Staffora.
Lo scorso mese di dicembre il Comune, proprietario della seggiovia esistente nella località appenninica, ha incaricato della realizzazione una società altoatesina. Nella “Relazione tecnica” da noi consultata si legge di un “impianto con generatori di neve a ventola”, comprensivo di “stazione di pompaggio” e di “tubazioni in pressione” e che, ai fini della scelta, sono state considerate “la superficie complessiva da innevare”, “l’ubicazione delle fonti di alimentazione idrica ed elettrica”, “la predeterminazione della quantità d’acqua disponibile”, “le condizioni climatiche ed ambientali”, “le ore disponibili per l’innevamento” senza scendere nello specifico.

La storia del comprensorio turistico di Pian del Poggio comincia negli anni settanta: una iniziativa immobiliare (costruzione di seconde case in condominio, apertura di un bar ristorante e di una discoteca), promossa dall’imprenditore Nunzio Schiavi, che realizza anche la seggiovia fino al monte Chiappo (nel 1976) e un rifugio a 1.700 metri, sulla vetta del monte.
Utile rammentare perché oggi il comune di Santa Margherita di Staffora si ritrova ad essere proprietario della seggiovia: già nel 1990, di fronte agli elevati costi da affrontare per compiere la revisione di legge, Schiavi proponeva senza risultato la costituzione di una finanziaria mista con capitale pubblico e privato. Lo scoglio della revisione veniva comunque superato, nel 1993 la proprietà della seggiovia passava a un’altra compagine sociale che proseguiva la gestione sino a che, nel 2010, si riproponeva la necessaria di un’altra costosa revisione, per la cui realizzazione mancavano i fondi. Nel 2011, quindi, la seggiovia chiudeva temporaneamente. Diversi enti (sollecitati anche dai proprietari degli appartamenti del centro turistico, uniti nell’associazione “Poggio 2000”), cercavano una soluzione: la proprietà dell’impianto passava al comune di Santa Margherita di Staffora e per i lavori necessari venivano stanziati oltre 500.000 euro (200.000 dalla Regione Lombardia, 100.000 dalla Provincia di Pavia, 100.000 dalle fondazioni, 70.000 euro dalla Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese, 30.000 dal Comune di Voghera, 30.000 dal comune di Ferrera Erbognone e 23.000 dal Comune di Santa Margherita di Staffora). Affidata in gestione ad una società privata, la seggiovia ripartiva nel dicembre 2014.

Ora il Comune e la Comunità Montana hanno scelto di affrontare un ulteriore esborso al fine di realizzare l’impianto per la neve artificiale.
L’ipotesi non è affatto nuova: negli anni ottanta sull’Appennino nevicava a quote relativamente basse, eppure, sul settimanale “Il popolo” del 2 febbraio 1986 “l’inventore” di Pian del Poggio, Nunzio Schiavi, già segnalava le criticità del sito: “è risaputo che tutte le stazioni appenniniche come la nostra devono combattere contro lo scirocco, il vento marino che, in poche ore, può trasformare una pista splendida in una al limite della sciabilità.”. Schiavi, rammentando che fin dal 1984 era stata presa in considerazione l’idea di realizzare un impianto di innevamento artificiale, aggiungeva: “le condizioni meteorologiche adatte a sparare la neve sulle nostre piste si possono verificare non più di 5 o 6 volte durante tutta la stagione invernale ... Occorre anche disporre di molta acqua. Quindi, questo progetto non fornisce al momento garanzie sicure di fattibilità, anche se non è da scartare definitivamente”.

Al giorno d’oggi, nel nostro Appennino possono ancora verificarsi intense nevicate, ma la loro frequenza è drasticamente diminuita: sono troppo intermittenti e quasi sempre troppo avanzate nella stagione. E, per effetto dell’innalzamento delle temperature, la permanenza della neve al suolo si sposta a quote sempre più in alte. In siti come Pian del Poggio, le folate dello scirocco complicano ulteriormente il quadro. Certo, dagli anni ottanta la tecnologia per creare neve artificiale si è evoluta, ma si è acutizzata la crisi idrica e i costi dell’energia elettrica sono esplosi. Non sono poi da tralasciare gli effetti che questa tecnologia riverbera sull’ambiente.
Circa poi le prospettive economiche degli investimenti in nuovi impianti di innevamento, una fonte autorevole, lo studio del dicembre 2022 pubblicato in inglese dalla Banca d’Italia, dal titolo “Cambiamento climatico e turismo invernale per l'Italia”, consultabile sul sito dell’istituto di via Nazionale (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2022-0743/QEF_743_22.pdf), afferma: “i risultati del nostro studio confermano quelli di studi precedenti: questa soluzione non sembra essere risolutiva per mantenere i flussi turistici. Inoltre, i costi dell’innevamento artificiale aumenteranno in modo non lineare rispetto all’incremento delle temperature e, se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l'innevamento artificiale semplicemente non sarà praticabile, soprattutto alle quote più basse, le più colpite dai cambiamenti climatici. Come sottolineato dall'OCSE fin dal 2007, anche se la neve artificiale può ridurre le perdite finanziarie dovute a casi occasionali di inverni carenti di neve, non può proteggere dalle tendenze sistemiche a lungo termine verso inverni più caldi. In questo contesto sono invece cruciali le strategie di adattamento basate sulla diversificazione delle attività e dei ricavi montani”.

Una serie di esperienze pregresse e di considerazioni attuali che gli enti locali avrebbero dovuto tenere ben presenti (poiché, come si leggeva in un’inchiesta sul tema uscita sul quotidiano “Domani” il 16 gennaio (https://www.editorialedomani.it/longform/dove-e-finita-la-neve-italiana-qr3k5bwg), “c'è un confine sottile tra l'adattamento di un settore a nuove condizioni e l'accanimento terapeutico e lo stabilisce solo la realtà climatica e geografica, non l'ostinazione di imprenditori o amministratori”). 
Invece, la Comunità Montana dell’Oltrepò Pavese, nell’atto di indirizzo con cui ha deliberato il proprio intervento finanziario parla solo di “importante opportunità per incentivare il turismo invernale sul territorio e sviluppare l’economia locale” mentre nella “Relazione tecnica” acquisita dal comune di Santa Margherita di Staffora si legge: “La carenza o la tardiva comparsa della materia prima “neve” compromette la gestione degli impianti di risalita e degli esercizi turistici che richiedono investimenti e costi fissi notevoli. Un impianto di innevamento, oltre a garantire la neve, permette di prolungare la stagione, complementarla e perfezionarla al fine di renderla fruibile e competitiva sul mercato”.
Parliamo di due Enti che hanno che già intrapreso passi importanti per diversificare l’offerta turistica, verso una fruizione multistagionale (con la seggiovia che porta in quota le mountain bike) e lenta (la richiesta di turismo lento è in forte espansione, come testimoniato per esempio dal grande successo dei cammini di lunga percorrenza, quale è la “via del Sale” verso il mar Ligure, che transita proprio sul monte Chiappo), lanciando anche significativi, pur se insufficienti, segnali di attenzione alle peculiarità ambientali del comprensorio: a Pian del Poggio è stato creato un percorso per il “butterfly watching”, un sentiero lungo il quale sono state censite oltre 70 specie di farfalle, anche molto rare. Una bella iniziativa, anche se resta da risolvere il problema della convivenza con i praticanti del “downhill” in mountain bike.
Perciò giudichiamo contradditoria, miope ed irrazionale la scelta di un ulteriore forte impegno finanziario pubblico per supportate un settore, lo sci da discesa nel nostro appennino, che è obiettivamente privo di realistiche prospettive a medio e lungo termine, non solo per il clima mutato, ma anche per l’aumento dei prezzi dell’energia e per la scarsità di acqua.

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