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Maglie della rete - Termina un annus horribilis

Fabio Balocco

Da quando siamo entrati nell’Antropocene probabilmente nessun anno come questo che sta per terminare ha confermato la follia delle attività poste in essere dalla specie umana.
Gli incendi dell’Amazzonia, gli incendi della Siberia, il primo ghiacciato estinto in Islanda, con tanto di funerale, la “spirale della morte dell’Artide”, la terribile estate calda che abbiamo vissuto, sono lì a testimoniare, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, che stiamo rapidamente distruggendo la nostra casa, la sola che abbiamo. Siamo l’unica specie che distrugge talvolta solo per il gusto di distruggere ("Siamo animali crudeli noi umani. Siamo animali terribili" ricorda Sebastiao Salgado), talaltra soprattutto per raggiungere e mantenere condizioni di vita che non si può permettere.
La cartina al tornasole è l’overshoot day che quest’anno per l’Italia è caduto ancor prima, il quindici maggio.

Eppure i politici di tutto il mondo non sanno/non vogliono prendere provvedimenti adeguati per fronteggiare la catastrofe che stiamo vivendo.
Sono solo capaci di prenderci in giro, parlando di green economy, quasi che non sapessimo che non è captando tutti i corsi d’acqua con impianti idroelettrici, non è costellando di turbine eoliche i crinali dei monti, non è installando pannelli solari a terra e consumando ulteriore suolo, non è azzerando boschi per alimentare centrali a biomassa che si può fronteggiare la crisi, bensì solo con provvedimenti drastici di riduzione dei consumi, solo con una brusca virata verso la decrescita. Ma può un regime democratico prendere provvedimenti in direzione esatta e contraria rispetto all’andamento di quella economia che la politica stessa sostiene? Andiamo, su, non viviamo sulla luna. Lo stesso Luca Mercalli in una recente intervista ha solo auspicato che i provvedimenti li possa prendere un regime democratico, intendendo che forse solo con la forza essi possano essere adottati.

D’altra parte il 2019 è stato anche l’anno della presa di coscienza da parte soprattutto di una frangia di giovani che non ci si può più permettere di vivere così: i Fridays for Future con le loro divise colorate e i loro motti che ricordano quelli movimentisti (da “avete rotto i polmoni”, a “se credete che l’economia sia importante, provate a trattenere il fiato mentre contate i soldi”), ma soprattutto gli inglesi Extinction Rebellion, con le loro clamorose azioni di protesta, ne sono esempi.
Ma sono una ristrettissima minoranza, la stragrande maggioranza della popolazione se ne frega dell’estinzione delle altre specie, o della possibilità che l’uomo stesso si estingua, supportata in questa direzione da una informazione sempre meno libera, sempre più legata al capitale, un’informazione che ci dice che bisogna preoccuparsi se il PIL diminuisce, o se diminuisce la popolazione, ma bisogna esultare se fa bel tempo, o se si realizzano la TAV o la Pedemontana Veneta, e che comunque bisogna mangiare carne.

Del resto, è anche vero quello che afferma Timothy Morton: la catastrofe in atto è un iperoggetto dentro al quale noi viviamo giornalmente e che non riusciamo ad apprezzare nella sua reale gravità. Quindi, continuiamo così, continueremo così: come i ciechi di Bruegel il Vecchio che finiscono dentro al fosso. Ormai, non c’è più spazio per l’ottimismo né per la speranza. Facciamocene una ragione.

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