Relazione di Pro Natura al Testo Unificato della proposta di legge di modifica della 394/91
La Federazione Nazionale Pro Natura ha seguito sin dal principio la proposta di modifica della Legge 394/91, ora approvata dal Senato.
Si auspicava un modifica legislativa che proponesse un rilancio delle aree protette ponendo al centro il tema della conservazione della natura nel contesto delle sfide globali, coerentemente con gli obblighi costituzionali e internazionali.
In realtà il disegno di Legge sulla riforma della 394 si configura nella sua ultima formulazione come un mezzo per trasformare la Legge quadro sulle Aree Nazionali Protette in un dannoso strumento per sferrare un duro colpo alla protezione della natura, dell’ambiente e dei paesaggi, vera risorsa del nostro paese e nostra reale identità culturale.
Infatti tale riforma sancisce il prevalere di interessi particolari e privati nella gestione del patrimonio naturale e culturale del paese: cavatori, cacciatori e tutti coloro che intendono i Parchi come ostacolo ai propri particolari interessi considerano le norme di tutela come un elemento ostativo all’utilizzo delle risorse naturali. E così tali interessi prevalgono nel disegno di legge, allontanando sempre più i Parchi dalla tutela della natura, loro missione prevalente.
A tal proposito la Federazione Nazionale Pro Natura ha redatto, insieme alle più importanti Associazioni Ambientaliste riconosciute dal Ministero dell’Ambiente, il documento “Aree protette, tesoro italiano. Per un rilancio delle aree protette italiane ed un’efficace riforma della Legge 394”.
Nello specifico, in sintesi, si riportano qui di seguito alcuni punti critici della riforma e possibili soluzioni agli stessi:
- La qualità delle nomine non razionalizza sufficientemente la composizione del Consiglio direttivo, in cui viene prevista la presenza di portatori di interessi troppo specifici e non generali, come in realtà dovrebbe essere. Nei Consigli direttivi è auspicabile una maggior rilevanza dei rappresentanti del mondo scientifico, quali ISPRA, CREA, CNR e delle associazioni ambientaliste. Le comunità locali devono avere un ruolo attivo nella gestione delle aree protette entro le quali insistono, tuttavia, è del tutto sbilanciato a proprio favore la componente rappresentata nel consiglio direttivo: si rischia così il prevalere di localismi, con il rischio di perdere la visione d’insieme e le finalità istitutive della aree protette.
- Non vengono definiti strumenti di partecipazione dei cittadini né previsti comitati scientifici. A tal fine è opportuno che la Comunità del Parco istituisca una Consulta del Parco, costituita dai portatori di interessi legittimi. Una rappresentanza della Consulta dovrà far parte della Comunità del Parco ed avrà funzione consultiva e voto limitato secondo quanto stabilirà lo Statuto.
- Le figure del Direttore e del Presidente non hanno competenze specifiche. E’ fondamentale che la figura del Direttore possegga competenze legate alla conservazione della natura ed alla gestione di aree protette. La nomina del Direttore deve avvenire, come accade per analoghe figure presso il Ministero dei Beni culturali, attraverso bando di concorso. La nomina del Presidente deve seguire una procedura che lo legittimi pienamente nei confronti della Regione, soggetto preposto alla realizzazione della Valutazione Ambientale Strategica del Piano del Parco, alla pubblicazione e approvazione del Piano stesso e alla concertazione con il Ministero dell’Ambiente sul Regolamento del Parco. Devono inoltre essere esplicitate le incompatibilità tra la funzione di Presidente e ruoli amministrativi e cariche politiche a qualsiasi livello.
- La governance delle Aree marine protette non prevede alcuna partecipazione delle competenze statali e individua Consorzi di gestione gli uni diversi dagli altri. La cosa è ancora più grave se si considera che le Aree Marine Protette insistono in aree demaniali. E’ necessario fornire alle stesse la medesima dignità dei Parchi Nazionali, anche per la nomina dei Direttori
- E’ previsto un sistema di royalties che, pur legato ad infrastrutture ad alto impatto già esistenti, rischiano di condizionare e mettere sotto ricatto i futuri pareri che gli Enti Parco su queste dovranno rilasciare. A tal proposito le royalties percepite dovrebbero costituire un fondo in capo al Ministero dell’Ambiente da ridistribuire su progetti di conservazione degli Enti Parco, anche privilegiando i progetti di sistema;
- La gestione della fauna proposta nella modifica legislativa rappresenta un mezzo per permettere ai cacciatori di entrare nelle aree protette. Gli interventi eventualmente previsti degli Enti Parco dovrebbero rispondere a criteri scientifici e dovrebbero essere realizzati considerando in modo prioritario forme d’intervento diverse dagli abbattimenti e comunque, quando questi siano ineludibili, coinvolgendo personale del parco e/o forze dell’ordine ed evitando rigorosamente la commistione con qualsiasi forma di attività venatoria.
- La scelta di affidare per legge la rappresentanza dei parchi a Federparchi risulta essere alquanto inopportuna, in quanto l’Organizzazione stessa, perderebbe il suo ruolo autonomo di Associazione. In realtà la partecipazione da parte dei singoli parchi all’Associazione dovrebbe essere del tutto libera e, stando così le cose, le Aree Protette sarebbero del tutto vincolate a Federparchi.
- Non è in alcun modo garantito il passaggio delle Riserve naturali dello Stato, del personale e delle risorse impegnato, ai parchi, cosa, invece, del tutto auspicabile.
Un’adeguata modifica della Legge Quadro sulle aree protette, oltre a quanto sopra rilevato, dovrebbe altresì prevedere:
- la nascita del “sistema italiano aree protette”;
- l’estensione del concetto di tassa di soggiorno, oggi ad unico vantaggio degli Enti locali, anche a favore degli Enti parco;
- un corretto utilizzo commerciale dei marchi dei parchi, non confondendoli con i marchi di qualità e prevedendo un’adeguata regolamentazione degli stessi;
- un più efficace servizio di sorveglianza, oggi messo fortemente in discussione, soprattutto in seguito al passaggio del Corpo Forestale dello Stato all’Arma dei Carabinieri. Sarebbe stato opportuno trasferire parte del personale del Corpo Forestale al servizio dei parchi e delle aree protette.
Si ritiene che un’adeguata modifica della Legge 394/91 possa essere strutturata solo nell’ambito della Conferenza Nazionale sulle Aree Protette, da convocare il più presto possibile e, comunque, entro il prossimo anno.
D’altro canto se oggi si vuole affrontare il tema di una vera riforma delle aree protette, non si può prescindere dagli obblighi internazionali sottoscritti dal nostro Paese. Infatti, nel 1991 non c’era la Convenzione Internazionale sulla Biodiversità, la rete Natura 2000, la Strategia Nazionale per la Biodiversità e la Convenzione Europea sul Paesaggio. Alla luce di tali accordi è fondamentale che la conservazione della biodiversità sia un compito dello Stato. Una riforma della legge Quadro sulle aree Protette non può in alcun modo prescindere da tale obbligo.
Nota a margine
Il terremoto che ha devastato l’Italia centrale in questi mesi ha colpito duramente le popolazioni residenti con numerosi morti e feriti, rendendo interi paesi e centri abitati del tutto inagibili. Ai morti, ai feriti, alle migliaia di persone che hanno perso casa, affetti e punti di riferimento, va aggiunto la distruzione di opere d’arte di valore inestimabile e che formano spesso, consapevolmente o no, la nostra radice identitaria.
In questi mesi si è parlato un po’ di tutto, dalle strutture produttive a quelle turistiche e storico- artistiche, dimenticando tuttavia che le aree colpite sono in un caso il cuore di un parco nazionale, quello dei Moti Sibillini e nell’altro parti importanti del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga.
I due Parchi non sono solo un presidio istituzionale a salvaguardia dell’elevato valore naturalistico, ma anche uno dei volani attraverso cui si potrà riallacciare quel tessuto produttivo così fortemente lacerato.
Purtroppo in questi mesi di emergenza la questione ambientale è rimasta del tutto ai margini, in parte, ma solo in parte, obliterata da altre emergenze.
La presenza del parco non sembra essere stata percepita come un punto nevralgico nella rete istituzionale. Esso avrebbe dovuto funzionare in sinergia con le altre istituzioni, durante la fase emergenziale: ed invece, anche ora in cui si inizia a riprogettare la ricostruzione e a ridelineare una via di sviluppo, il Parco sembra essere lasciato in un ruolo di marginalità istituzionale.
Per quanto riguarda il Parco dei Monti Sibillini al momento la maggior parte delle strutture del Parco sono inagibili e non funzionanti. Lo stesso Ente parco ha dovuto trovare ospitalità in edifici messi a disposizione del Comune di Tolentino e di Foligno, mentre a Visso permane solo una struttura ospitata all’interno di un container.
A questo riguardo chiediamo che il Ministero si faccia promotore di una forte iniziativa che sostenga gli sforzi anche logistici dell’Amministrazione del Parco.
L’Ente Parco ha elaborato un documento con priorità e tempistiche di interventi che riteniamo debba essere tenuto in considerazione da parte del Ministero.
L’assenza costante dei massimi rappresentanti Istituzionali a iniziare dal Ministro Galletti in tutti questi mesi,non sembra sostenere gli sforzi che l’Ente parco cerca di ottemperare per soddisfare le esigenze gestionali in questo momento di difficoltà.
Alle strutture logistiche dovrà anche accompagnarsi una ricognizione approfondita di eventuali modificazioni ambientali, faunistiche e legate alla fruizione che gli eventi sismici hanno prodotto.
Da questo punto di vista la Federazione Nazionale Pro Natura offre la piena disponibilità per sostenere qualsiasi intervento che possa ripristinare una piena gestione dell’area protetta nell’ambito delle finalità istitutive che hanno decretato la sua istituzione.
Prof. Mauro Furlani, Presidente
Dott.ssa Piera Lisa Di Felice, Responsabile Parchi e Aree protette