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La salvezza del pianeta e l’umana alimentazione vegana

Roberto Piana

Ho rinunciato alla carne nella mia alimentazione nel lontano 1983 e qualche anno dopo anche ai derivati animali. Sono consapevole che le scelte alimentari di ciascuno non possano essere imposte per legge e che queste afferiscano alla sfera individuale di ciascuno. Siamo tutti imperfetti e soggetti ad errori tuttavia credo che la coerenza nelle scelte individuali sia un valore.

La mia scelta vegana fu motivata essenzialmente da considerazioni etiche. La sofferenza inflitta agli altri animali dalla specie umana negli allevamenti industriali, nei laboratori di ricerca, negli zoo, nei circhi, con la caccia e in generale con lo sfruttamento degli animali costituisce per me una violenza insopportabile ed una negazione di diritti.

L’aggressività umana verso le altre specie viventi e senzienti si accompagna d’altra parte con l’aggressività tra gli stessi esseri umani. L’ingiusta distribuzione delle ricchezze, delle risorse del pianeta, delle opportunità di emancipazione e di affrancamento dalla povertà, le guerre che affliggono molte parti del globo, ne sono evidente testimonianza.

Negli anni successivi ricerche e studi scientifici hanno confermato, anche sul piano scientifico, la giustezza della mia scelta alimentare vegana.

Le scelte di vita di ciascuno e i modelli di sviluppo della nostra società influiscono sull’ambiente naturale. Uno dei fattori maggiormente significativi per quanto riguarda l’impatto ambientale sul pianeta è rappresentato dall’umana alimentazione. I prodotti animali come carne, pesce, uova sono fra le cause maggiori dello spreco di risorse e inquinamento. Gli animali utilizzati per fini alimentari consumano più calorie, ricavate dai mangimi vegetali, di quelle che producono sotto forma di carne o prodotti derivati.

Lo spreco energetico dell’alimentazione con prodotti animali è ormai un dato incontrovertibile, affermato da tutti gli studi scientifici. L’energia acquisita dai vegetali è utilizzata dal consumatore primario (l’erbivoro) per il proprio accrescimento e la propria esistenza e solo una parte è messa a disposizione del consumatore  secondario (il carnivoro). Lo spreco di acqua causata dagli allevamenti, risorsa di cui dovremmo avere gran cura, si accompagna al consumo di suolo e alla produzione di gas serra.  L’impatto degli allevamenti si riverbera anche sulle foreste che vengono abbattute non tanto per ottenere legname, ma soprattutto per ottenere pascoli per bovini e aree coltivabili, in cui produrre alimenti, che poi verranno esportati nei paesi come il nostro, da impiegare negli allevamenti industriali.

Sono molti gli studi scientifici che sostengono il minor impatto ambientale della scelta alimentare vegana rispetto a quella con prodotti di origine animale.

Invito tra questi a leggere  “Il costo nascosto del consumo di carne in Italia: impatti ambientali e sanitari” realizzato da Demetra Società Cooperativa Sociale onlus in collaborazione con la LAV visionabile sul sito https://www.demetra.net/.

Sono, come tanti, sostenitore della “Nature Restoration Law europea, proposta di legge che mira a ripristinare entro il 2030 il 20% delle aree terrestri e marine degradate per fermare la perdita di biodiversità e contrastare la crisi climatica. La legge, ove approvata, imporrebbe obiettivi vincolanti per gli stati membri attraverso un Regolamento comunitario pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE. Questa legge europea sul ripristino degli habitat naturali è sostenuta dalle associazioni ambientaliste di tutta Europa ed incontra l’opposizione delle organizzazioni degli allevatori e degli agricoltori.  C’è da augurarsi che la legge europea per il ripristino della natura possa essere approvata, possibilmente senza le sostanziali attenuazioni che sono state proposte che ne sminuirebbero di molto la portata. Sarebbe un grosso passo avanti. La crescita della diffusione dell’alimentazione vegana nella popolazione europea certamente potrà aiutare questo processo di recupero alla naturalità di immense superfici oggi destinate alla coltivazione di mais e foraggio destinati agli allevamenti industriali.

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