Terremoto in Italia Centrale
Umbria e Marche 1997, L’Aquila 2009, Italia Centrale 2016, ci sono pochi dubbi, ci saranno altri terremoti in Italia perché la nostra è una terra bellissima ma a elevato rischio sismico. Alcune aree lo sono in misura maggiore, altre di meno, ma certo sono pochissime quelle prive di sismicità. Conosciamo dettagliatamente le aree sismiche e di esse anche le sollecitazioni che quei territori potrebbero subire; certamente la parte dell’Appennino che ha subito il terremoto in questi giorni è molto sismica e ciò era ben noto e cartografato.
Partendo da questo dato, ineludibile, la sola cosa che possiamo fare è cercare di rendere le abitazioni, i nostri manufatti più sicuri possibile ed in grado di sopportare le sollecitazioni del territorio in cui si erigono. Cosa indubbiamente non semplice per un Paese come l’Italia il cui grande pregio storico e paesaggistico è quello di avere strutture abitative, insediamenti antichi di secoli, talvolta di molti secoli.
Coloro che portano in modo semplicistico e saccente il confronto con il Giappone o la California ignorano il fattore storico dei nostri edifici e dei nostri abitati, spesso risultato di un succedersi di generazioni e della sovrapposizione di interventi nel tempo. Ciò ha prodotto la bellezza dei nostri territori ma anche la loro vulnerabilità e la difficoltà di intervento.
Diverso è, evidentemente, quando a crollare sono edifici recenti o quelli da poco ristrutturati, che denotano imperizia e, ancor peggio, una colpevole negligenza.
Oggi possediamo le tecnologie, le conoscenze e le capacità per mettere in sicurezza anche strutture molto antiche e impedire quanto accaduto in questi giorni nell’area interessata da quest’ultimo evento e da molti altri prima di questo. Esempi ce ne sono dal Friuli fino alle ricostruzioni più recenti, in Umbria e nelle Marche.
Si tratta di applicare elevate tecnologie costruttive in grado di coniugare sicurezza e pregio paesaggistico, ma soprattutto di scelte politiche e amministrative. L’acquisizione della consapevolezza di questa priorità misura effettivamente la sintonia tra la politica, intesa in senso nobile, e la popolazione.
Oggi si piangono i morti e si scava tra le macerie e non c’è spazio per polemiche ed è richiesto un patto di grande solidarietà collettiva. A queste popolazioni va tutta la solidarietà e la vicinanza della Federazione. Gli Italiani in questo caso come in molti altri tragici eventi e in assenza di sciacallaggi di parte, dimostrano la propria generosità e il senso di appartenenza ad una comunità.
Quando in una fase successiva si inizierà a riparlare e a riprogettare la ricostruzione sarà necessario mettere sul campo tutte le intelligenze, le sensibilità, le risorse culturali ed economiche per evitare che questi paesi rimangano dei toponimi su delle carte geografiche, ma proseguano la loro vita e la loro storia con tutte le persone che vorranno farlo.
Crediamo che nessuno, senza macchiarsi di una colpevole responsabilità, potrà ulteriormente parlare di priorità di grandi opere pubbliche trascurando la più grande opera pubblica che si può concepire in Italia, cioè la messa in sicurezza della sua popolazione e la conservazione delle sue più grandi ricchezze: le bellezze storiche, artistiche e paesaggistiche e naturali.
L’Italia ha bisogno di un grande piano pluridecennale in grado di mettere in sicurezza le sue popolazioni e le sue bellezze da simili eventi, dal dissesto idrogeologico che ad ogni stagione miete vittime e semina distruzione.
Ciò di cui il nostro Paese non ha alcuna necessità sono le opere faraoniche, inutili o utili solo a pochi, certo non in grado di risolvere alcun problema per le popolazioni; anzi queste grandi opere sottraggono risorse da altri interventi, puntiformi, capillari e diffusi, in grado di salvare vite umane e conservare il nostro patrimonio storico e artistico.
Al di la delle parole crediamo che una classe politica degna di questo nome deve essere in grado di affrontare il contingente ma avendo una visione più ampia, mobilitando conoscenze, tecnologie, cultura e partecipazione.
Mauro Furlani, presidente Federazione nazionale Pro Natura