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La vigilanza volontaria ambientale e zoofila

Roberto Piana

Occupandomi da molti anni della vigilanza volontaria, mi vengono spesso richieste informazioni relative a questo argomento da parte di cittadini interessati a impegnarsi in prima persona per tutelare questo o quell’oggetto meritevole di maggiori cure. All’origine dell’interesse vi è, quasi sempre, quel profondo senso della legalità che non trova nella vita quotidiana la piena applicazione. A volte le leggi e le regole ci sono, ma le pubbliche istituzioni non riescono a farle rispettare, con grande rabbia da parte di chi vorrebbe credere nello Stato. Il legislatore italiano produce una gran quantità di norme spesso tra loro contrastanti, di dubbia interpretazione o di difficile applicazione. Sono convinto sia meglio non approvare una legge per la quale lo Stato non preveda adeguati strumenti applicativi. Gli esempi di leggi inapplicate sono innumerevoli. Dal 2 febbraio 2016 la legge n. 221/2015, il cosiddetto “Collegato ambientale”, ha vietato di buttare a terra rifiuti di piccola taglia con sanzione prevista da 30,00 a 150,00 euro, con la possibilità del pagamento in misura ridotta di 50,00 euro entro 60 giorni. La stessa legge prevede inoltre che per i mozziconi di sigaretta la sanzione sia fino al doppio (fino a 300,00 euro), ma il pagamento in misura ridotta non sia possibile. L’agente accertatore dovrà limitarsi ad accertare la violazione demandando poi all’amministrazione competente (la provincia o la città metropolitana) la determinazione dell’importo della sanzione con l’aggravio dell’emissione dell’ordinanza-ingiunzione da notificare al trasgressore. Il complicato iter di applicazione della norma ha scoraggiato l’accertamento e non ha nemmeno inciso sui comportamenti dei fumatori. Il desiderio del volontario di “sostituirsi” o di “affiancare” il soggetto pubblico preposto a fare rispettare le norme di legge spesso si scontra con la “malaburocrazia” e non poche volte anche contro le pubbliche amministrazioni ostili alla vigilanza volontaria.

Vi sono poi coloro che percorrono la lunga strada di formazione per diventare un vigilantevolontario” solo per “sentirsi qualcuno”, indossando una divisa da portare a spasso o una pistola da esibire al fianco per “sentirsi forti”. Una categoria questa dalla quale ho sempre preso le distanze. Il servizio di vigilanza volontaria di un’associazione nulla ha (o dovrebbe avere) di retaggio o imitazione del servizio militare. Per fortuna le prefetture rilasciano sempre meno porti d’arma alle guardie volontarie e la maggior parte delle associazioni vieta nei propri regolamenti il porto dell’arma durante i servizi di vigilanza. La nomina a guardia volontaria prevede corsi di formazione impegnativi e, soprattutto, doti di equilibrio e capacità di rapporto con i cittadini che non sono da tutti. Il controllo dell’emotività, oltre alle conoscenze specifiche, è requisito essenziale. Contestare a qualcuno un comportamento illecito richiede, sotto il profilo etico e professionale, il personale coscienzioso rispetto delle norme che si vorrebbero vedere rispettate dagli altri. Le figure e gli ambiti di intervento della vigilanza volontaria sono diversi, a volte tra loro sovrapponibili, e i poteri attribuiti non sempre incontrano unanime giurisprudenza e riconoscimento. Trattandosi di vigilanza volontaria non può essere prevista alcuna forma di retribuzione. Le associazioni possono fornire strumenti, mezzi o rimborsi per le spese sostenute, tuttavia molto dipende dalle disponibilità economiche dell’associazione che li gestisce. Nella gran parte dei casi le guardie volontarie, oltre a dedicarsi a questa attività nel tempo libero, si fanno interamente carico delle spese che sostengono. Il panorama della vigilanza volontaria è molto ampio. Riportiamo a seguire le figure più note e diffuse. L’art. 138 del R.D. n. 773/1931 – Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.) – fissa i requisiti che devono avere tutte le guardie giurate:

1) essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea;

2) avere raggiunto la maggiore età e avere adempiuto agli obblighi di leva;

3) sapere leggere e scrivere;

4) non avere riportato condanna per delitto;

5) essere persona di buona condotta morale;

6) essere munito della carta di identità;

7) essere iscritto alla cassa nazionale delle assicurazioni sociali e a quella degli infortuni sul lavoro.

Guardie Venatorie Volontarie (GVV)
Un tempo appannaggio delle sole associazioni venatorie (il controllato che si controlla) le GVV vennero successivamente istituite anche dalle associazioni di protezione ambientale che erano riconosciute con D.P.R. quale ente morale e successivamente, a partire dal 1986, anche da quelle in possesso del riconoscimento del Ministero dell’ambiente.
Oggi è l’art. 27 della L. 157/1992 che regolamenta l’assetto delle GVV, la cui gestione è affidata alle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente con il coordinamento delle province. Le associazioni possono organizzare corsi di formazione secondo le disposizioni regionali. Alle GVV è affidato in via prioritaria il controllo dell’attività venatoria. Hanno la possibilità di vigilare anche su altre norme a carattere ambientale secondo le disposizioni regionali che possono essere anche molto diverse da regione a regione. Qualora superi l’esame del corso di formazione il volontario, quale guardia giurata, prima di essere messo in servizio, giura fedeltà alla Repubblica davanti al sindaco di residenza. Poiché tra le norme sulla caccia da far rispettare vi sono anche norme che prevedono sanzioni penali, parrebbe implicito che alle GVV siano attribuite le funzioni di polizia giudiziaria (P.G.). La P.G. dipende dall’autorità giudiziaria, è deputata a interrompere i reati, ricercare e assicurare le fonti di prova. La sentenza n. 6454/06 della Corte di cassazione aveva riconosciuto queste funzioni in capo alle GVV. Oggi invece la giurisprudenza tende a non riconoscerle. L’opera delle GVV negli anni ha permesso di far emergere e contrastare il bracconaggio in danno delle specie particolarmente protette, in gran parte uccelli. La cattura illegale dei passeriformi, in gran parte pettirossi (ma anche peppole, fringuelli, verdoni, frosoni), con i famigerati “archetti” diffusi nelle valli bresciane, è stata drasticamente ridotta grazie soprattutto alla dedizione delle guardie volontarie. L’utilizzo dei richiami vivi da parte dei cacciatori d’appostamento, pratica purtroppo ancora oggi legale e diffusa in alcune regioni, impegna non poco i volontari nel controllo degli anelli di riconoscimento degli uccelli da richiamo, spesso manomessi per l’illecita sostituzione di un esemplare deceduto.

Guardie Zoofile Volontarie (GGZZ)
L’origine delle guardie zoofile risale al lontano 1871 quando l’ENPA (ente nazionale protezione animali) era ente di diritto pubblico. Con il D.P.R. 31 marzo 1979 l’ENPA perse la personalità giuridica di diritto pubblico e le GGZZ persero la qualifica di pubblica sicurezza mantenendo, come guardie volontarie, competenze relative alla “prevenzione e repressione delle infrazioni e dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali e alla difesa del patrimonio zootecnico”. Sono nominate dal prefetto e giurano davanti a un funzionario della prefettura.
Possono ottenere l’istituzione di un servizio di vigilanza zoofila le associazioni riconosciute dal Ministero dell’ambiente o dal Ministero della salute. L’art. 6 della L. 189/2004 riconosce in maniera esplicita alle GGZZ le funzioni di P.G. Purtroppo, a causa di restrittive interpretazioni della L. 189/2004 da parte delle prefetture e dell’autorità giudiziaria, nella gran parte dei casi le loro competenze vengono limitate ai soli animali d’affezione. Esistono anche guardie zoofile nominate in applicazione di leggi regionali dalle regioni che le abbiano previste.

Guardie Ecologiche Volontarie (GEV)
Le GEV traggono la loro origine da leggi regionali e hanno organizzazione diversa da regione a regione. Per la maggior parte dei casi sono “dipendenti onorari” delle regioni piuttosto che delle province o delle città metropolitane. Vengono nominate dopo appositi corsi di formazione e prestano giuramento come guardie giurate in prefettura. La loro attività è regolata e coordinata dall’ente pubblico. Anche le materie di competenza possono essere differenti in realtà diverse.

Guardie Ittiche Volontarie (GIV)
L’istituzione della vigilanza ittica è antica e trae origine dal R.D. n. 1604/1931, tuttora vigente. L’art. 31 recita: “Le Provincie, i Comuni, i consorzi, le associazioni e chiunque vi abbia interesse possono nominare e mantenere, a proprie spese, agenti giurati per concorrere alla sorveglianza sulla pesca tanto nelle acque pubbliche, quanto in quelle private.
Gli agenti debbono possedere i requisiti determinati dall’art. 81 del regolamento 20 agosto 1909, n. 666 (art. 81 abrogato nel 2001 n.d.r.) prestare giuramento davanti al pretore, ed essere singolarmente riconosciuti dal prefetto. Essi, ai fini della sorveglianza sulla pesca, hanno qualità di agenti di polizia giudiziaria.”
Oggi le regioni hanno ulteriormente normato la materia per cui l’organizzazione delle GIV può variare da regione a regione.

Guardie addette al controllo della raccolta dei tartufi
Sono state istituite dalla L. 752/1985, sono nominate dal prefetto.
L’art. 15 recita: “Sono inoltre incaricati di far rispettare la presente legge le guardie venatorie provinciali, gli organi di polizia urbana e rurale, le guardie giurate volontarie designate da cooperative, enti e associazioni che abbiano per fine istituzionale la protezione della natura e la salvaguardia dell’ambiente.”
Prestano giuramento davanti al prefetto. Sono competenti al controllo sulla raccolta dei tartufi.

Tutte queste figure vestono divise, portano segni distintivi differenti, rispondono a regolamenti diversi approvati da soggetti diversi, dispongono di poteri differenti, condividono a volte competenze identiche. Il loro riconoscimento da parte dei cacciatori che hanno frequentato un corso di formazione o dai pescatori è più semplice in quanto entrambi i soggetti conoscono bene l’esistenza dei “guardiacaccia” e dei “guardiapesca”. Per il semplice cittadino invece a volte riesce difficile riconoscere il ruolo assunto da chi effettua un controllo. La mancanza di riconoscibilità è a volte causa di conflitti non voluti. La preparazione dei volontari varia a seconda dei ruoli assunti. La serietà nella preparazione e nella nomina dei volontari è elemento fondamentale in capo soprattutto alle associazioni.

L’attività legislativa ha prodotto negli anni norme mal scritte, non sempre facilmente comprensibili, a volte contradditorie, che hanno amplificato il contenzioso giudiziario. La difficoltà nell’applicazione delle norme ha visto i cittadini come primi soggetti a subire le conseguenze. Gli stessi operatori volontari della vigilanza hanno subito negli anni ostacoli nell’assolvimento dei compiti di istituto che vanno dal disconoscimento delle competenze e dei poteri, attuato da soggetti istituzionali come province, questure, prefetture, ASL, fino ad arrivare a provvedimenti disciplinari o addirittura a denunce penali, poi regolarmente archiviate per la mancanza dell’elemento soggettivo del reato. In più vi è da dire che in questi anni la vigilanza volontaria, invece di essere considerata dalle istituzioni come un valore aggiunto, è stata scoraggiata e demotivata, spesso vista come una fastidiosa interferenza. Nonostante le difficoltà, le guardie volontarie hanno contribuito negli anni, con straordinari risultati, a far rispettare le norme di legge costituendo anche uno stimolo positivo per le istituzioni. L’opera dei volontari è andata ben oltre il semplice accertamento delle violazioni di legge, ma ha costituito un positivo volano di diffusione nella popolazione di conoscenze e di valori. Riuscire a fermare l’illecita distruzione di un ambiente naturale o salvare dalla sofferenza un cane “da guardia” destinato a vivere una intera esistenza legato a 50 centimetri di catena, senza riparo né cure, ripaga il volontario delle difficoltà e dei sacrifici. La salvezza del pianeta e delle creature che lo abitano richiede anche l’impegno personale di ciascuno di noi.

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