Proposte avanzate dalla Federazione Nazionale Pro Natura riguardanti l’adozione di misure che è necessario assumere nel bacino del fiume Lambro Settentrionale in ordine alla riduzione del rischio idraulico, alla difesa degli acquiferi profondi e per la riduzione del grado di inquinamento delle acque e dei suoli, inviata nello scorso mese di ottobre alle competenti autorità e ai soggetti che hanno sottoscritto il contratto di fiume per il Lambro
1 – PREMESSA
Le proposte avanzate da questa Federazione sono coerenti:
con i Temi e indirizzi strategici del Progetto di Sottobacino del Fiume Lambro Settentrionale:
• Rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e continuità ecologica ambientale;
• Gestione sostenibile delle acque meteoriche.
con le minacce individuate nel “Documento di Piano” del “Piano Territoriale Regionale della Lombardia”: “Estesa impermeabilizzazione dei suoli, che diminuisce la capacità di assorbimento delle acque piovane e alimenta in tempi brevi i corsi d’acqua aumentando i pericoli di esondazioni e piene. Fenomeni di inquinamento ed erosione dei suoli legati ad attività industriali ed agricole intensive con uso eccessivo di fertilizzanti chimici e pesticidi, che contribuiscono anche all’inquinamento della rete idrica superficiale. Siti contaminati nelle grandi aree di dismissione …”.
Le proposte avanzate dai soggetti partecipanti al Contratto di Fiume appaiono a riguardo delle minacce sopra individuate coerenti e presentano certamente una efficacia puntuale che non può essere in alcun modo sminuita. Tuttavia si ritiene che in questa fase di definizione debbano essere evidenziati anche obiettivi più alti e condivisi in tutto il territorio che individuino alcune maggiori criticità e permettano l’adozione di misure adeguate a correggerle.
2 - LE PROPOSTE
2.1 – RISANARE IL DISSESTO IDROGEOLOGICO DEL NORD MILANO.
TARIFFAZIONE DELLE ACQUE DI PIOGGIA E SGRAVI PER LE UTENZE VIRTUOSE.
2.1/A - LA SITUAZIONE
Il territorio del Nord Milano, così come quello dell’alta Pianura Lombarda a valle delle cerchie moreniche, è privilegiato dalla natura rispetto al pericolo di inondazioni: l’acqua di pioggia, anche nel caso di piogge persistenti e intense, potrebbe agevolmente infiltrarsi nel sottosuolo, raggiungere le falde idriche sotterranee e fluire verso la bassa pianura. Eppure da decenni si registrano frequentemente allagamenti.
Il rimedio finora praticato è stato di tipo idraulico: trasferire l’onda di piena nei bacini idrografici contermini tramite canali con funzione di scolmatori (vedasi il CSNO del fiume Seveso).
Golene e aree di espansione non sono al momento praticabili se non in aree ristrette, a causa dell’edificazione tollerata fino entro le fasce di salvaguardia spondali.
Recentemente è in progetto, per il fiume Seveso, un sistema di bacini di laminazione delle piene. I bacini, oltre ad altre controindicazioni, aggravano tuttavia il problema che dovrebbero risolvere perché, impermeabilizzati sul fondo, riducono la superficie disponibile all’infiltrazione delle acque meteoriche.
Gli allagamenti che si registrano a Milano-Niguarda e dintorni, nel sottobacino del fiume Seveso, anche con precipitazioni relativamente modeste, sono in concomitanza con le piene del Seveso, il corso d’acqua che più direttamente coinvolge Milano, e sono causati dalla sezione obbligata dell’alveo del Seveso in città, ove è tombinato dal confine con Bresso fino a oltre San Donato Milanese (da via Melchiorre Gioia unisce le sue acque con quelle del Naviglio della Martesana e prende il nome di Redefossi); di qui si dirige verso il fiume Lambro, in cui confluisce presso Melegnano. Per questo si ritiene prioritario che le proposte qui contenute siano da estendere anche all’ambito del Seveso. A questo riguardo si rileva come uno degli interventi necessari per mitigare la situazione critica nel Nord Milano sia il ripristino della portata massima consentita del Redefossi in città: circa 1/3 dell’altezza della galleria è occupato da sedimenti compattati; della rimozione di questi sedimenti, ovviamente non agevole, nessuno fa mai cenno.
La risoluzione del problema delle esondazioni viene indicata nell’evitare la formazione dell’onda di piena mediante il ripristino della capacità filtrante di più vaste e diffuse superfici possibili. Infatti su una superficie pianeggiante quale quella del Nord Milano (con esclusione delle aree interessate dai depositi ferrettizzati della glaciazione Mindel), anche piogge con carattere di rovescio (>10, <30 mm/h) sono interamente assorbite da un suolo naturale integro e non calpestato (prato, bosco). Il percorso naturale delle acque di pioggia che cadono sulla pianura non sono i torrenti che la solcano, ma la falda idrica sotterranea. Essa controlla le piene dei torrenti e da secoli fornisce ai Milanesi acqua a chilometro zero e costo irrisorio. L’ignoranza della falda idrica sotterranea ha creato grossi problemi negli ultimi decenni e ancor di più ne creerà nel futuro, come è di seguito illustrato (vedi punto 2.2).
2.1/B – PROPOSTA 1
La Regione, con L.R. 15 marzo 2016, ha prescritto, per le aree di nuova urbanizzazione, i principi della invarianza idraulica e idrologica, che rispondono alle istanze di cui sopra (“…portate e volumi di deflusso meteorico scaricati dalle aree di nuova urbanizzazione… non possono essere maggiori di quelli preesistenti all’urbanizzazione…”): per gli anni a venire, in tali contesti, le acque meteoriche non saranno riversate in fognatura, ma impiegate sul posto o lasciate infiltrare nel sottosuolo. Purtroppo la legge nulla dispone per le situazioni pregresse (in alcuni Comuni la superficie impermeabilizzata copre l’80% del territorio) ratificando in effetti una situazione tanto insostenibile da rendere impraticabili obiettivi di sostenibilità ambientale quali quelli contenuti nel Contratto di Sottobacino del Fiume Lambro Settentrionale e nel Piano Regionale Territoriale della Lombardia, sopra riportati.
Questa emergenza deve essere tuttavia inquadrata nel quadro dei vantaggi privati e dei disagi pubblici che la caratterizzano: l’acqua che piove sul tetto di una proprietà privata o su un piazzale cittadino e viene avviata in fognatura, e non al suolo, comporta un aggravio di spesa per la sua gestione.
Per quanto sopra, in continuità con la proposta già presentata dal Gruppo Naturalistico della Brianza (federata di “Pro Natura”) in data 22 agosto 2015, alla D.G. Difesa del Suolo della Regione Lombardia, Questa Federazione Nazionale Pro Natura propone sulla base di conseguenti esigenze di equità, derivanti dall’individuazione dei costi esternalizzati e non sostenuti da imprese e privati, derivanti dall’immissione -diretta o attraverso il sistema fognario- nel reticolo idrografico superficiale delle acque meteoriche, un riconoscimento da parte della pubblica Amministrazione, comportante:
- premio (alleggerimento di alcune tariffe di esazione comunale o consortile: acquedotto-rifiuti-depurazione) per le proprietà fondiarie che consentano infiltrazione naturale delle acque di pioggia su una porzione di superficie superiore ad un minimo prefissato (ad esempio, 75% della superficie del lotto);
- tariffazione delle acque di pioggia riversate nei collettori comunali o consortili per le proprietà che consentano infiltrazione naturale delle acque di pioggia solo per una superficie inferiore a detto minimo (75%) e non siano dotate di vasche volano di raccolta e restituzione controllata o reimpiego delle acque di pioggia.
Sgravi e tariffe saranno rispettivamente proporzionate alle superfici filtranti ed impermeabilizzate dei singoli lotti e calcolate in modo da compensare i costi di costruzione e gestione delle strutture collettive di mitigazione delle piene (bacini e vasche superficiali e sotterranee, aree golenali...), i premi per le utenze virtuose, il risarcimento danni agli esondati, ecc., e non comportino aggravio per le casse pubbliche.
È opportuno rilevare come la presente proposta non possa essere configurata come una nuova tassazione, ma semplicemente come il riconoscimento dei costi, e del rischio, derivante dall’esercizio di una pratica oggettivamente inidonea al perseguimento dei comuni obiettivi alla base della convivenza civile su questo territorio, come tali riconosciuti dalla comunità scientifica e inclusi nella normativa vigente.
La rilevazione delle condizioni di applicazioni degli incentivi e delle tariffe dovrebbe essere gestita attraverso la collaborazione tra le Amministrazioni Comunali e gli enti gestori del sistema integrato delle acque. Nella vigente situazione, in attesa di una definizione normativa, è opportuno l’avvio di un sistema informativo che permetta di individuare da subito quali sono i soggetti a cui devono essere imputati i costi e quelli a cui deve essere riconosciuto un incentivo per il comportamento virtuoso già adottato. È altresì evidente che questo schema di proposta non può essere inteso come mezzo di tassazione aggiuntiva, ma auspica una situazione nella quale ogni soggetto è, anche economicamente, responsabile dell’impatto sui beni altrui e comuni.
2.2 – CORRETTA GESTIONE DELL’ACQUIFERO PROFONDO
2.2/A - LA SITUAZIONE
Le acque nel sottosuolo dell’area che dalle colline moreniche della Brianza degrada fino ai quartieri meridionali di Milano sono contenute in strati più o meno continui di ghiaia e sabbia alternati con livelli di limi e argille. Gli acquedotti della città metropolitana di Milano e della provincia di Monza Brianza prelevavano, fino ad una ventina di anni fa, quasi esclusivamente da quello che alcuni definiscono Secondo Acquifero (o Gruppo Acquifero B), per distinguerlo dal Primo Acquifero (o Gruppo Acquifero A), più superficiale.
I due acquiferi costituiscono insieme l’Acquifero Tradizionale, e sono fra di loro in collegamento idraulico, malgrado l’interposizione di straterelli limoso-argillosi (lentiformi e discontinui) che determinano una differenziazione sia nella qualità delle acque, sia nei livelli piezometrici. Infatti il Primo Acquifero è maggiormente vulnerabile da eventuali sversamenti dalla superficie; utilizzato fino ai primi decenni del secolo scorso anche per uso potabile, ne è stato escluso successivamente, per presenza di sostanze tossiche e nocive in concentrazione superiore ai valori limite consentiti. Anche il Secondo Acquifero, che si spinge fino a profondità dell’ordine dei 120 m dal piano campagna, presenta inquinamento in atto, anche se non in misura tale da pregiudicarne la potabilità.
L’Acquifero Profondo (o Gruppo Acquifero C) ad acqua dolce sta alla base del precedente: nel Nord Milano non supera i 200 m di profondità; più a sud, nella bassa pianura, mostra un andamento generale legato, oltre che alle variazioni di livello del mare e all’ubicazione degli antichi scaricatori glaciali, anche ai movimenti tettonici del Pleistocene (Quaternario antico).
Fin dalla fine del secolo scorso i livelli permeabili facenti parte dell’Acquifero Profondo sono stati oggetto di studio. Particolarmente interessante ne risultava la elevata protezione rispetto all’inquinamento antropico dalla superficie: si tratta di falde che gli autori precedenti definivano “confinate”, in grado di fornire acqua di “ottima” qualità.
Gli stessi Autori però ammonivano che: “l’utilizzazione di falde sempre più profonde non può costituire la soluzione definitiva per tutti i problemi qualitativi dell’approvvigionamento idrico. Infatti a lungo andare, approfondendo semplicemente le zone di captazione, si finirebbe con il richiamare gli inquinamenti in profondità, sia attraverso i pozzi difettosamente eseguiti, sia, attraverso i medesimi orizzonti argilloso- limosi che avrebbero pur sempre una certa permeabilità, seppure molto bassa”, soprattutto nell’estrema fascia nord della pianura.
Le acque dell’Acquifero Profondo attualmente estratte vi si sono infiltrate in condizioni geomorfologiche differenti dalle attuali (differente livello del mare, presenza di fenomeni glaciali anche nell’alta pianura, differente reticolo idrologico ecc.) e in assenza di perturbazioni di origine antropica. Esse hanno cessato di fluire al venir meno, nel corso dei millenni, della spinta piezometrica originaria.
Si tratta di acque che non rappresentavano una risorsa (come le acque contenute in un comune “acquifero” attivo come l’Acquifero Tradizionale”, ove le acque, infiltratesi anni - e non secoli o millenni - prima, sono a mano a mano rimpiazzate da acque di composizione simile a quelle prelevate), ma una “riserva” perché l’acqua eventualmente estratta non è più ricaricabile con acqua della stessa qualità.
Ovviamente l’emungimento di acqua dal sottosuolo richiama necessariamente acqua dall’intorno.
Questo è stato verificato ad esempio a Cusano Milanino, in un pozzo perforato nel 1993 e dotato di filtri nel solo Acquifero Profondo: la concentrazione in nitrati è passata da circa 6 mg/l, nell’anno di perforazione, a circa 16 mg/l nel 2017 (Guzzi U ,2019. L’Acquifero Profondo nel Nord Milano - Raccomandazioni per un uso responsabile. L’ACQUA, 1/2019, Roma, pp.56-62). Il lento, progressivo incremento nella concentrazione dei nitrati e della salinità induce l’autore testé citato a stimare che, proseguendo il prelievo ai ritmi attuali, entro il 2050 (o prima, incrementando, come sta accadendo, il numero dei pozzi) anche l’Acquifero Profondo sarà a “rischio nitrati”, né vi saranno ulteriori risorse alternative.
Se l’acqua dell’Acquifero Profondo s’è conservata integra per migliaia d’anni per motivi stratigrafici e fisici, essa ci garantisce rispetto a gravi contaminazioni che possano avvenire in futuro in superficie, e che determinerebbero invece immediate conseguenze sull’acqua dell’Acquifero Tradizionale.
Quest’ultima considerazione toglie ogni dubbio: si tratta di un riserva. Risulta pertanto singolare che non solo questa riserva, che a ragione può essere definita “strategica”, sia stata intaccata negli anni passati, ma lo sia con rinnovata intensità negli anni in corso, ed utilizzata nelle nostre abitazioni, negli edifici pubblici e industriali, nei giardini pubblici e privati, prevalentemente (98-99 %) per uso non alimentare.
Si dilapida in tal modo un patrimonio naturale non rinnovabile, per lasciare ai nostri figli una situazione definitivamente compromessa, dove solo grossi e costosi impianti consentiranno di produrre acqua con standard di qualità comunque inferiori rispetto a quella che attualmente stiamo sperperando.
2.2/B – PROPOSTA 2
Nell’ambito e nei limiti del Contratto di Fiume del sottobacino Lambro Settentrionale, si ritiene necessario attivare tutti gli sforzi a protezione della risorsa strategica rappresentata dall’Acquifero Profondo.
In primo luogo si ritiene indispensabile e urgente evitare gli abusi e gli usi non espressamente ed esclusivamente a scopo alimentare di acqua di qualità particolarmente elevata quale è quella ancora immagazzinata nell’Acquifero Profondo.
Si deve segnalare l’assoluta carenza di attenzione relativa alla messa a disposizione degli utenti di risorse idriche alternative, di qualità meno pregiata e adatte a uso non alimentare;
Le Case dell’Acqua, ormai diffuse su tutto il territorio, alimentate esclusivamente dall’acqua dell’Acquifero Profondo, ed un Acquifero Profondo sfruttato solo per alimentazione delle Case dell’Acqua, sarebbero la risoluzione più agevole ed economica per un impiego razionale della risorsa, e garantirebbero la possibilità di rifornimento idropotabile alla popolazione in caso di superamento delle concentrazioni limite per la potabilità in qualsiasi circostanza.
Una rete parallela destinata a usi non alimentari è indispensabile in molti settori e quindi il Contratto di Fiume deve promuovere la mobilizzazione di studi e risorse in tal senso.
2.3 – RIDUZIONE DELL’INQUINAMENTO DA NITRATI
E FOSFATI DI ORIGINE AGRO-ZOOTECNICA
2.3/A - LA SITUAZIONE
Il comparto agro-zootecnico lombardo si configura come fortemente dipendente dall’importazione di mangimi, soprattutto proteici, provenienti da aree esterne al sistema. Ne consegue un apporto netto di nutrienti (particolarmente azoto e fosforo) superiore alle asportazioni; da questo dato di realtà consegue la sussistenza del problema dell’inquinamento idrico di origine agricola.
La questione è di interesse strategico per l’intero comparto agroalimentare italiano, per il quale le esportazioni dalla Lombardia di prodotti di origine animale (in particolare prodotti di carne suina e formaggi – in estrema sintesi prosciutto crudo “Parma” e formaggi tipo grana - costituiscono elemento fortemente attivo nella bilancia commerciale. Il problema si pone anche all’interno dell’area del sottobacino del Lambro, anche se non raggiunge il parossismo registrato nella bassa pianura centro orientale (province fi BG, CR BS e MN). Tuttavia elementi di preoccupazione sono rilevati a carico dei valori di azoto e di fosforo, come segnalato in sede di assemblea del Contratto di Sottobacino Lambro settentrionale dal dottor Gianni Tartari.
In merito ai nitrati si ritiene opportuno definire il quadro normativo e procedurale che caratterizza l’attuale fase: il Programma d’Azione Regionale Nitrati per la tutela e il risanamento delle acque dall’inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in Zone Vulnerabili, prevede una procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Per il triennio 2016-2019 la prima Conferenza di Valutazione con presentazione del documento di “Scoping” si è tenuta il 19 giugno 2015. L’obiettivo dei criteri e delle norme tecniche per l’utilizzazione agronomica degli e.a. (effluenti agricoli) definiti dal PdA è quello di contribuire a realizzare la maggior protezione delle acque dall’inquinamento da nitrati, attraverso una più attenta gestione del bilancio dell’azoto.
Nei documenti sottoposti alle osservazioni, oltre agli apporti naturali (legati al ciclo dell’azoto), sono stati presi in considerazione, come attuali ulteriori contributi alla quantità totale di azoto nell’ambiente: apporti zootecnici; apporti da fanghi di depurazione e compost; apporti da fertilizzanti chimici; apporti da fitofarmaci e diserbanti contenenti azoto o azo-composti; apporti puntiformi da insediamenti civili; apporti industriali.
Si rileva che tra le fonti significative di apporto di azoto nell’ambiente proposte non è quantificato l’apporto atmosferico sotto forma di precipitazioni umide e secche. Diversi indizi suggeriscono che tale apporto è tanto significativo da poter modificare la VAS.
I dati che seguono sono stati estrapolati da registrazioni effettuate alla stazione di Brugherio, interna all’area del sottobacino in questione (12 km a NE del centro di Milano).
Considerando, per comodità di calcolo, una piovosità indicativa di 1.000 mm/anno, avremo un volume annuo di precipitazione umida unitaria pari a 1.000 l/mq per anno. Come valore di riferimento è stato scelto il tuttora vigente limite di 170 kgN/ha per anno da e.a. distribuibili sui terreni agricoli in Zona Vulnerabile ai Nitrati. Questo parametro è infatti utilizzato come discriminante nell’Allegato n. 10 (marzo 2006) alla Relazione Generale del PTUA (Programma di Tutela e Uso delle Acque): Definizione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari. In sintesi risulta che:
a - l’Azoto Totale Inorganico (TIN) riscontrato nelle sole deposizioni umide a Brugherio è stato misurato in circa 173 μeqN/l (Tagliaferri A., Di Girolamo F., Tartari G., Elli M., 1995. New-type forestry damage and wet deposition in Lombardy. Agr. Med. Special Volume, pp.266-277 ). Questo valore, considerando il peso atomico dell’azoto (14,0067 u = g/mol), equivale a circa 2.423 μgN/l; pertanto, in un anno, dalle sole precipitazioni umide, l’apporto di azoto all’ambiente corrisponde a 2,4 gN/mq (quindi 24 kgN/ha all'anno). Si tratta di un contributo non trascurabile, essendo pari a circa il 14,3% del limite di 170 kgN/ha per anno;
b - ripetendo il calcolo con dati ottenuti con altre due diverse, modalità di campionamento, che prendono in considerazione sia la precipitazione umida sia quella secca (Tartari G., Consuma A., Balestrini R., Valsecchi S., Camusso M., 1995. Total atmospheric deposition measurements using an innovative dry deposition sampler (Life Chemistry Reports, vol.3, Malaysia, pp. 159-175), si giunge a valori pari a 157 μeqN/l e 285 μeq/l, corrispondenti rispettivamente a 35,6 kgN/ha per anno (pari al 20,9% del limite di riferimento) ed a 56 kgN/ha per anno (con ulteriore incremento al 32,9% del limite di riferimento);
c – i valori sopra citati non sono rigorosamente omogenei sul territorio, come confermato da altre stazioni di Lombardia e limitrofe;
d – l’influenza dell’apporto in azoto delle deposizioni umide e secche sulle acque sotterranee è confermata da un’indagine eseguita su sorgenti non interessate da contaminazione antropica in aree naturali di collina e media montagna (Guzzi U., 2003. Nitrati nell'acqua delle sorgenti del Triangolo Lariano (CO) e composti dell'azoto nelle deposizioni atmosferiche. Acque Sotterranee, 85, Segrate, MI. Pp. 9-24). Lo studio evidenzia la diminuzione della concentrazione in nitrati nell'acqua delle sorgenti allontanandosi dall'area origine della contaminazione: Milano e la sua conurbazione.
In sintesi possiamo dire che l'azoto contenuto nelle sole precipitazioni atmosferiche (secche ed umide) apporta al suolo un contributo compreso fra 24 e 56 kgN/ha per anno. È il caso di ricordare ancora una volta che il limite dettato dalla normativa è di 170 kgN/ha per anno, senza dimenticare che Regione Lombardia ha chiesto e ottenuto dalla Commissione Europea di poter derogare a questo limite.
Non si ritiene che alla luce della situazione attuale, in parte minima illustrata e descritta, tale deroga rappresenti un reale vantaggio per gli scopi del Contratto di Sottobacino Lambro Settentrionale e neppure per il settore agricolo che si intende favorire. Per quanto riguarda gli apporti nutritivi di azoto e fosforo si è spesso autorevolmente affermata la convinzione che una migliore gestione dei suoli per ottimizzare le risorse nutritive non può prescindere dalla riduzione dello spargimento di nutrienti oltre il limite di utilizzazione. A questo riguardo giova ricordare che il carico di nutrienti dei suoli lombardi è oggetto di una pubblicazione dell’Unione Europea: “Buone pratiche per ridurre la perdita di sostanze nutritive in Lombardia (https://ec.europa.eu/environment/water/water-nitrates/pdf/leaflets/Leaflet_Lombardy_IT.pdf ).
Le indicazioni contenute in questa in pubblicazione sono in larga misura inapplicate e spesso neppure note agli imprenditori agricoli.
2.3/B – PROPOSTA 3
Il Contratto di bacino del fiume Lambro Settentrionale deve contenere un impegno esplicito da parte dei contraenti a:
- integrare con gli apporti atmosferici quelli provenienti da effluenti di origine zootecnica, fanghi di depurazione, fertilizzanti, fitofarmaci, ecc., pur mantenendo la soglia limite di 170 kgN/ha per anno, con evidente necessità di operare una ulteriore riduzione dei quantitativi concessi agli apporti non naturali;
- rigettare la proroga a derogare oltre il limite di 170 kg/ha di azoto concessa alla Regione Lombardia dalla UE e ratificata con Decreto N. 5403 Del 10/06/2016 della Direzione Generale Agricoltura.
Al contempo il Contratto di bacino s’impegni a sostenere le misure prefigurate dall’Unione Europea nel leaflet citato, in particolare promuovendo:
- il miglioramento delle misure di stoccaggio dei reflui zootecnici;
- lo sviluppo di piani di concimazione per tutti i terreni agricoli;
- promuovendo (e promuovendo i controlli) modalità di smaltimento appropriate;
- l’utilizzo di colture intercalari di copertura.
Si ritiene inoltre che, come richiesto da alcune associazioni di categoria, la sostenibilità dei nostri sistemi agricoli non possa prescindere dalla reintroduzione nei sistemi colturali di colture proteiche ora abbandonate (pisello proteico, trifogli, …) che sottraggano la zootecnia dalla dipendenza di fonti alloctone, riequilibrando l’equilibrio tra i terreni coltivati e il carico zootecnico. Dette misure, da sole comunque inadeguate, potrebbero sollecitare una maggiore consapevolezza del problema.