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Archivio Rassegna Stampa

IUCN - Incontro a New York per gli investimenti nella conservazione della natura

EEB - UN declares right to a healthy environment: can the EU keep up?

The UN has finally recognised the right to a healthy environment as a universal human right. In a year that has seen people’s basic needs threatened and violated by climate disasters across the globe, the EEB urges the EU to guarantee this right for all, write Ruby Silk and Margarida Martins.

https://meta.eeb.org/2022/09/07/un-declares-right-to-a-healthy-environment-can-the-eu-keep-up/

IUCN - Dragonflies threatened as wetlands around the world disappear

The destruction of wetlands is driving the decline of dragonflies worldwide, according to the first global assessment of these species in today’s update of the IUCN Red List of Threatened Species™. Their decline is symptomatic of the widespread loss of the marshes, swamps and free-flowing rivers they breed in, mostly driven by the expansion of unsustainable agriculture and urbanisation around the world.

https://www.iucn.org/news/species/202112/dragonflies-threatened-wetlands-around-world-disappear-iucn-red-list

EEB - Non-replaceable batteries are bad news for the environment and consumers

Planning to buy a smartphone, an e-bike or any other product that includes a rechargeable battery for Christmas? New research shows that most batteries in today’s products cannot be easily removed, replaced or repaired, resulting in shorter device lifetimes, a loss of rare and valuable materials and billions in unnecessary consumer expenditure, writes Chloé Mikolajczak.

https://meta.eeb.org/2021/12/07/non-replaceable-batteries-are-bad-news-for-the-environment-and-consumers/

IUCN - IUCN World Conservation Congress to be held from 3 to 11 September 2021 in Marseille

The International Union for Conservation of Nature (IUCN) and the French government have agreed to hold the IUCN World Conservation Congress 2020 from 3 to 11 September 2021 in Marseille. The event, originally scheduled for June 2020, was postponed due to the COVID-19 pandemic.

https://www.iucn.org/news/secretariat/202012/iucn-world-conservation-congress-be-held-3-11-september-2021-marseille

EEB - Future farming: cultivating people-friendly food systems

Short-term and insecure contracts, dire working conditions, widespread suffering caused by diet-related diseases. Our current food system leaves a lot to be desired for the people working in and buying from it.

Asger Mindegaard and Celia Nyssens look into needed changes to make the EU food system a driver of social sustainability – for producers, workers and consumers alike.

https://meta.eeb.org/2021/01/13/future-farming-cultivating-people-friendly-food-systems/

IUCN - European bison recovering, 31 species declared Extinct

The European bison (Bison bonasus), Europe’s largest land mammal, has moved from Vulnerable to Near Threatened thanks to continued conservation efforts, according to today’s update of the IUCN Red List of Threatened Species™. With this update, 31 species also move into the Extinct category, and all of the world’s freshwater dolphin species are now threatened with extinction.

https://www.iucn.org/news/species/202012/european-bison-recovering-31-species-declared-extinct-iucn-red-list

La vigilanza volontaria ambientale e zoofila

Roberto Piana

Occupandomi da molti anni della vigilanza volontaria, mi vengono spesso richieste informazioni relative a questo argomento da parte di cittadini interessati a impegnarsi in prima persona per tutelare questo o quell’oggetto meritevole di maggiori cure. All’origine dell’interesse vi è, quasi sempre, quel profondo senso della legalità che non trova nella vita quotidiana la piena applicazione. A volte le leggi e le regole ci sono, ma le pubbliche istituzioni non riescono a farle rispettare, con grande rabbia da parte di chi vorrebbe credere nello Stato. Il legislatore italiano produce una gran quantità di norme spesso tra loro contrastanti, di dubbia interpretazione o di difficile applicazione. Sono convinto sia meglio non approvare una legge per la quale lo Stato non preveda adeguati strumenti applicativi. Gli esempi di leggi inapplicate sono innumerevoli. Dal 2 febbraio 2016 la legge n. 221/2015, il cosiddetto “Collegato ambientale”, ha vietato di buttare a terra rifiuti di piccola taglia con sanzione prevista da 30,00 a 150,00 euro, con la possibilità del pagamento in misura ridotta di 50,00 euro entro 60 giorni. La stessa legge prevede inoltre che per i mozziconi di sigaretta la sanzione sia fino al doppio (fino a 300,00 euro), ma il pagamento in misura ridotta non sia possibile. L’agente accertatore dovrà limitarsi ad accertare la violazione demandando poi all’amministrazione competente (la provincia o la città metropolitana) la determinazione dell’importo della sanzione con l’aggravio dell’emissione dell’ordinanza-ingiunzione da notificare al trasgressore. Il complicato iter di applicazione della norma ha scoraggiato l’accertamento e non ha nemmeno inciso sui comportamenti dei fumatori. Il desiderio del volontario di “sostituirsi” o di “affiancare” il soggetto pubblico preposto a fare rispettare le norme di legge spesso si scontra con la “malaburocrazia” e non poche volte anche contro le pubbliche amministrazioni ostili alla vigilanza volontaria.

Vi sono poi coloro che percorrono la lunga strada di formazione per diventare un vigilantevolontario” solo per “sentirsi qualcuno”, indossando una divisa da portare a spasso o una pistola da esibire al fianco per “sentirsi forti”. Una categoria questa dalla quale ho sempre preso le distanze. Il servizio di vigilanza volontaria di un’associazione nulla ha (o dovrebbe avere) di retaggio o imitazione del servizio militare. Per fortuna le prefetture rilasciano sempre meno porti d’arma alle guardie volontarie e la maggior parte delle associazioni vieta nei propri regolamenti il porto dell’arma durante i servizi di vigilanza. La nomina a guardia volontaria prevede corsi di formazione impegnativi e, soprattutto, doti di equilibrio e capacità di rapporto con i cittadini che non sono da tutti. Il controllo dell’emotività, oltre alle conoscenze specifiche, è requisito essenziale. Contestare a qualcuno un comportamento illecito richiede, sotto il profilo etico e professionale, il personale coscienzioso rispetto delle norme che si vorrebbero vedere rispettate dagli altri. Le figure e gli ambiti di intervento della vigilanza volontaria sono diversi, a volte tra loro sovrapponibili, e i poteri attribuiti non sempre incontrano unanime giurisprudenza e riconoscimento. Trattandosi di vigilanza volontaria non può essere prevista alcuna forma di retribuzione. Le associazioni possono fornire strumenti, mezzi o rimborsi per le spese sostenute, tuttavia molto dipende dalle disponibilità economiche dell’associazione che li gestisce. Nella gran parte dei casi le guardie volontarie, oltre a dedicarsi a questa attività nel tempo libero, si fanno interamente carico delle spese che sostengono. Il panorama della vigilanza volontaria è molto ampio. Riportiamo a seguire le figure più note e diffuse. L’art. 138 del R.D. n. 773/1931 – Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.) – fissa i requisiti che devono avere tutte le guardie giurate:

1) essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea;

2) avere raggiunto la maggiore età e avere adempiuto agli obblighi di leva;

3) sapere leggere e scrivere;

4) non avere riportato condanna per delitto;

5) essere persona di buona condotta morale;

6) essere munito della carta di identità;

7) essere iscritto alla cassa nazionale delle assicurazioni sociali e a quella degli infortuni sul lavoro.

Guardie Venatorie Volontarie (GVV)
Un tempo appannaggio delle sole associazioni venatorie (il controllato che si controlla) le GVV vennero successivamente istituite anche dalle associazioni di protezione ambientale che erano riconosciute con D.P.R. quale ente morale e successivamente, a partire dal 1986, anche da quelle in possesso del riconoscimento del Ministero dell’ambiente.
Oggi è l’art. 27 della L. 157/1992 che regolamenta l’assetto delle GVV, la cui gestione è affidata alle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell’ambiente con il coordinamento delle province. Le associazioni possono organizzare corsi di formazione secondo le disposizioni regionali. Alle GVV è affidato in via prioritaria il controllo dell’attività venatoria. Hanno la possibilità di vigilare anche su altre norme a carattere ambientale secondo le disposizioni regionali che possono essere anche molto diverse da regione a regione. Qualora superi l’esame del corso di formazione il volontario, quale guardia giurata, prima di essere messo in servizio, giura fedeltà alla Repubblica davanti al sindaco di residenza. Poiché tra le norme sulla caccia da far rispettare vi sono anche norme che prevedono sanzioni penali, parrebbe implicito che alle GVV siano attribuite le funzioni di polizia giudiziaria (P.G.). La P.G. dipende dall’autorità giudiziaria, è deputata a interrompere i reati, ricercare e assicurare le fonti di prova. La sentenza n. 6454/06 della Corte di cassazione aveva riconosciuto queste funzioni in capo alle GVV. Oggi invece la giurisprudenza tende a non riconoscerle. L’opera delle GVV negli anni ha permesso di far emergere e contrastare il bracconaggio in danno delle specie particolarmente protette, in gran parte uccelli. La cattura illegale dei passeriformi, in gran parte pettirossi (ma anche peppole, fringuelli, verdoni, frosoni), con i famigerati “archetti” diffusi nelle valli bresciane, è stata drasticamente ridotta grazie soprattutto alla dedizione delle guardie volontarie. L’utilizzo dei richiami vivi da parte dei cacciatori d’appostamento, pratica purtroppo ancora oggi legale e diffusa in alcune regioni, impegna non poco i volontari nel controllo degli anelli di riconoscimento degli uccelli da richiamo, spesso manomessi per l’illecita sostituzione di un esemplare deceduto.

Guardie Zoofile Volontarie (GGZZ)
L’origine delle guardie zoofile risale al lontano 1871 quando l’ENPA (ente nazionale protezione animali) era ente di diritto pubblico. Con il D.P.R. 31 marzo 1979 l’ENPA perse la personalità giuridica di diritto pubblico e le GGZZ persero la qualifica di pubblica sicurezza mantenendo, come guardie volontarie, competenze relative alla “prevenzione e repressione delle infrazioni e dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali e alla difesa del patrimonio zootecnico”. Sono nominate dal prefetto e giurano davanti a un funzionario della prefettura.
Possono ottenere l’istituzione di un servizio di vigilanza zoofila le associazioni riconosciute dal Ministero dell’ambiente o dal Ministero della salute. L’art. 6 della L. 189/2004 riconosce in maniera esplicita alle GGZZ le funzioni di P.G. Purtroppo, a causa di restrittive interpretazioni della L. 189/2004 da parte delle prefetture e dell’autorità giudiziaria, nella gran parte dei casi le loro competenze vengono limitate ai soli animali d’affezione. Esistono anche guardie zoofile nominate in applicazione di leggi regionali dalle regioni che le abbiano previste.

Guardie Ecologiche Volontarie (GEV)
Le GEV traggono la loro origine da leggi regionali e hanno organizzazione diversa da regione a regione. Per la maggior parte dei casi sono “dipendenti onorari” delle regioni piuttosto che delle province o delle città metropolitane. Vengono nominate dopo appositi corsi di formazione e prestano giuramento come guardie giurate in prefettura. La loro attività è regolata e coordinata dall’ente pubblico. Anche le materie di competenza possono essere differenti in realtà diverse.

Guardie Ittiche Volontarie (GIV)
L’istituzione della vigilanza ittica è antica e trae origine dal R.D. n. 1604/1931, tuttora vigente. L’art. 31 recita: “Le Provincie, i Comuni, i consorzi, le associazioni e chiunque vi abbia interesse possono nominare e mantenere, a proprie spese, agenti giurati per concorrere alla sorveglianza sulla pesca tanto nelle acque pubbliche, quanto in quelle private.
Gli agenti debbono possedere i requisiti determinati dall’art. 81 del regolamento 20 agosto 1909, n. 666 (art. 81 abrogato nel 2001 n.d.r.) prestare giuramento davanti al pretore, ed essere singolarmente riconosciuti dal prefetto. Essi, ai fini della sorveglianza sulla pesca, hanno qualità di agenti di polizia giudiziaria.”
Oggi le regioni hanno ulteriormente normato la materia per cui l’organizzazione delle GIV può variare da regione a regione.

Guardie addette al controllo della raccolta dei tartufi
Sono state istituite dalla L. 752/1985, sono nominate dal prefetto.
L’art. 15 recita: “Sono inoltre incaricati di far rispettare la presente legge le guardie venatorie provinciali, gli organi di polizia urbana e rurale, le guardie giurate volontarie designate da cooperative, enti e associazioni che abbiano per fine istituzionale la protezione della natura e la salvaguardia dell’ambiente.”
Prestano giuramento davanti al prefetto. Sono competenti al controllo sulla raccolta dei tartufi.

Tutte queste figure vestono divise, portano segni distintivi differenti, rispondono a regolamenti diversi approvati da soggetti diversi, dispongono di poteri differenti, condividono a volte competenze identiche. Il loro riconoscimento da parte dei cacciatori che hanno frequentato un corso di formazione o dai pescatori è più semplice in quanto entrambi i soggetti conoscono bene l’esistenza dei “guardiacaccia” e dei “guardiapesca”. Per il semplice cittadino invece a volte riesce difficile riconoscere il ruolo assunto da chi effettua un controllo. La mancanza di riconoscibilità è a volte causa di conflitti non voluti. La preparazione dei volontari varia a seconda dei ruoli assunti. La serietà nella preparazione e nella nomina dei volontari è elemento fondamentale in capo soprattutto alle associazioni.

L’attività legislativa ha prodotto negli anni norme mal scritte, non sempre facilmente comprensibili, a volte contradditorie, che hanno amplificato il contenzioso giudiziario. La difficoltà nell’applicazione delle norme ha visto i cittadini come primi soggetti a subire le conseguenze. Gli stessi operatori volontari della vigilanza hanno subito negli anni ostacoli nell’assolvimento dei compiti di istituto che vanno dal disconoscimento delle competenze e dei poteri, attuato da soggetti istituzionali come province, questure, prefetture, ASL, fino ad arrivare a provvedimenti disciplinari o addirittura a denunce penali, poi regolarmente archiviate per la mancanza dell’elemento soggettivo del reato. In più vi è da dire che in questi anni la vigilanza volontaria, invece di essere considerata dalle istituzioni come un valore aggiunto, è stata scoraggiata e demotivata, spesso vista come una fastidiosa interferenza. Nonostante le difficoltà, le guardie volontarie hanno contribuito negli anni, con straordinari risultati, a far rispettare le norme di legge costituendo anche uno stimolo positivo per le istituzioni. L’opera dei volontari è andata ben oltre il semplice accertamento delle violazioni di legge, ma ha costituito un positivo volano di diffusione nella popolazione di conoscenze e di valori. Riuscire a fermare l’illecita distruzione di un ambiente naturale o salvare dalla sofferenza un cane “da guardia” destinato a vivere una intera esistenza legato a 50 centimetri di catena, senza riparo né cure, ripaga il volontario delle difficoltà e dei sacrifici. La salvezza del pianeta e delle creature che lo abitano richiede anche l’impegno personale di ciascuno di noi.

Il futuro dell’energia

Riccardo Graziano

In Italia si sta dibattendo molto sul futuro dell’approvvigionamento energetico e della mobilità elettrica, argomenti strettamente correlati e sui quali le opinioni divergono sensibilmente nelle varie formazioni che compongono il panorama politico.

In particolare, la Destra al Governo frena sulla transizione alle rinnovabili e alla mobilità elettrica, adducendo motivazioni relative a possibili problemi occupazionali per quanto riguarda le aziende impegnate nei settori “tradizionali”. L’attuale esecutivo è addirittura entrato in rotta di collisione con l’Unione europea sullo stop imposto alla produzione di veicoli con motore a scoppio entro il 2035, termine che secondo il nostro Governo andrebbe prorogato perché i tempi – 12 anni, pari a quattro Olimpiadi … - sarebbero troppo ristretti per consentire all’industria automobilistica italiana di convertirsi, cosa che invece non sembra preoccupare la Germania, maggior produttore europeo di veicoli. Naturalmente, la posizione governativa ha riscosso ampi consensi fra imprenditori, lavoratori e cittadini, preoccupati dalla prospettiva di ulteriori  cali occupazionali.

Ma è tempo di evidenziare che su questi argomenti esistono due linee di pensiero, o meglio due realtà parallele: quella prospettata dall’attuale Governo italiano e quella che sta già avvenendo nel resto del mondo. Attenzione, non si tratta di un’affermazione politicizzata, ma della semplice presa d’atto delle tendenze mondiali attualmente in corso, che a loro volta consentono proiezioni piuttosto precise sugli sviluppi a venire nei prossimi sette anni, quelli che ci separano dal fatidico 2030, anno entro il quale l’Unione europea prevede l’obbligo di ridurre le proprie emissioni del 55%.

I dati relativi al procedere della transizione energetica sono stati recentemente pubblicati nel World Energy Outlook (WEO), il rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (International Energy Agency - IEA) che analizza i dati a livello mondiale. In esso vediamo per esempio che la potenza installata di fotovoltaico ed eolico è più che quadruplicata fra il 2019 e il 2023, arrivando a sfiorare i 5.000 GW. Un risultato superiore alle stesse previsioni delle precedenti edizioni del WEO, dovuto all’aumento del sostegno politico e alla progressiva diminuzione dei costi che contraddistingue tutte le tecnologie man mano che progrediscono e implementano processi industriali ed economie di scala. Tuttavia, l’incremento non è sufficiente per raggiungere i traguardi previsti dall’Accordo di Parigi e che la stessa UE si è imposta, dunque occorre fare ancora di più.

La crescita esponenziale delle rinnovabili appena descritta rientra in uno scenario più ampio che lascia intravedere un rivolgimento profondo dell’intero sistema energetico nei prossimi sette anni, da qui al 2030. Motivo per cui il rapporto WEO quest’anno è stato pubblicato in anticipo, in modo da fornire per tempo elementi utili ai decisori politici impegnati nella COP 28 di Dubai, la conferenza sul clima che dovrebbe portare a decisioni cruciali sulla transizione ecologica, ma che parte già sotto pessimi auspici, visto che quest’anno viene ospitata in uno dei Paesi meno “sostenibili” al mondo, nonché settimo produttore di petrolio a livello globale e che ha già in previsione di aumentare le estrazioni. Tra l’altro, il rapporto esce nel 50* anniversario dalla fondazione dell’IEA, in un momento nel quale, esattamente come allora, il mondo vive una grave crisi legata al mondo mediorientale, all’epoca relativa alla produzione petrolifera, oggi segnata dalla feroce carneficina fra Israele e Palestina, evento destinato a incidere sugli scenari geopolitici ed economici del futuro prossimo. In più, adesso stiamo vivendo gli effetti del cambiamento climatico indotto proprio dal consumo di combustibili fossili e dalle relative emissioni, scenario già previsto all’epoca da alcuni esperti che iniziavano a lanciare i primi allarmi, assolutamente inascoltati.

Tuttavia, mentre i petrolieri ancora oggi proseguono imperterriti sulla propria strada e la politica latita o addirittura rema contro la transizione, come nel caso dell’attuale Governo italiano, una considerevole parte del mondo procede spedita verso la riconversione energetica. Ne è un chiaro esempio quanto sta avvenendo nel settore automobilistico: soltanto due anni fa, si vendeva un’auto elettrica ogni 25 col motore a scoppio, oggi siamo già a una su cinque. Un aumento percentuale di cinque volte in due anni, che porta a prevedere che nel 2030 il rapporto sarà di uno a uno, come già avviene oggi in Norvegia, mentre sul promettente mercato cinese le elettriche sfiorano un terzo delle vendite (in Italia, meno del 4%, fra gli ultimi in Europa).

È evidente che un aumento esponenziale di questo nuovo paradigma della mobilità, dove attualmente l’Italia è fanalino di coda, avrà importanti ripercussioni sull’intero sistema energetico, a sua volta proiettato verso le rinnovabili. I dati ci dicono che 10 anni fa il 70% dell’elettricità era prodotta da fonti fossili, oggi siamo scesi al 60% e le previsioni indicano che nel 2030 si arriverà al 40%, dal momento che l’80% dei nuovi impianti installati funzionerà con energie rinnovabili.

Anche nel settore del riscaldamento domestico, che in Europa incide per il 40% delle emissioni di anidride carbonica, si sta andando verso una rapida riconversione, con la sostituzione delle attuali caldaie a gas con pompe di calore, che nel 2030 saranno già in maggioranza, riducendo quindi la domanda di metano. Naturalmente, anche qui l’Italia resta fanalino di coda, anche grazie al fatto che continuiamo a incentivare gli impianti a gas.

Ma il dato forse più significativo è quello relativo agli investimenti, ormai sempre più orientati verso le rinnovabili nella maggior parte dei Paesi (non in Italia, ovviamente, dove destiniamo milionate di euro per costruire rigassificatori …). Dal 2020, in soli tre anni, gli investimenti in rinnovabili sono aumentati del 40%, raggiungendo la cifra iperbolica di un miliardo di dollari al giorno. La previsione è che entro il 2030 il solo settore dell’eolico offshore, con le pale ancorate in mare aperto, attirerà finanziamenti tripli rispetto alle centrali a gas e carbone.

Tutto questo, solo proiettando in avanti le tendenze già attualmente in corso, senza tenere conto di ulteriori implementazioni eventualmente disposte dai governi impegnati nella transizione. Uno scenario che porta a ipotizzare il raggiungimento a breve termine del cosiddetto “picco” della domanda di combustibili fossili, dopo il quale il consumo inizierà a scendere progressivamente e con esso anche le relative emissioni.

Purtroppo, ciò non avverrà abbastanza in fretta per rispettare i termini prudenziali del già citato Accordo di Parigi, che punta a contenere l’aumento delle temperature globali a fine secolo al di sotto dei 2°C, meglio ancora se entro 1,5°C, per contenere gli effetti già critici dei mutamenti climatici in corso. Con le tendenze sopra descritte, in sé positive, l’aumento è comunque previsto dell’ordine dei 2,4°C, incremento che ci porterebbe verso uno scenario che da critico rischia di diventare catastrofico.

Per evitare o perlomeno mitigare questa eventualità, la IEA ammonisce che in tempi brevi i decisori politici dovrebbero impegnarsi per raggiungere 5 obiettivi strategici entro il 2030: raddoppiare l’efficienza energetica; triplicare l’apporto delle rinnovabili; ridurre di tre quarti le emissioni di metano; finanziare la transizione dei Paesi poveri e, soprattutto, ridurre drasticamente il consumo di combustibili fossili.

Una serie di impegni al momento disattesi o portati avanti in modo insufficiente, nonostante l’accelerazione descritta in precedenza, con un’Italia che, occorre ribadirlo, si muove addirittura in direzione contraria, con una visione miope e distorta, che penalizza le nostre stesse imprese, a volte all’avanguardia nel campo delle rinnovabili, nonostante tutto. Non si tratta solo di essere ecologisti: la transizione sarebbe vincente anche dal punto di vista economico, con la creazione di un numero di posti di lavoro superiore a quelli destinati a essere cancellati nei settori destinati all’obsolescenza. Investendo nelle rinnovabili, in particolare nel fotovoltaico, potremmo azzerare la nostra dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, risanando il divario negativo della nostra bilancia economica import/export. Invece, a pochi anni dal raggiungimento del picco della domanda di fonti fossili, con i consumi destinati in prospettiva a calare, sentiamo ancora vaneggiamenti che vorrebbero trasformare l’Italia “nell’hub del gas destinato all’Europa”, col rischio di sperperare cifre faraoniche per cercare di vendere metano a chi presto non saprà più cosa farsene …

Una follia dal punto di vista economico prima ancora che ecologico, che rischia di relegare l’Italia ai margini delle tendenze produttive ed economiche proprio nel momento decisivo per la transizione necessaria e ineludibile che dobbiamo mettere in atto per scongiurare il peggioramento delle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Uno scenario che, nonostante i progressi degli ultimi anni, resta ancora il più probabile, con l’aumento dei fenomeni climatici estremi che già oggi provocano vittime e danni ingenti anche nel nostro Paese. Eppure, una parte della politica si ostina a negare l’evidenza. Per questo, tra l’altro, saranno cruciali le prossime elezioni europee del 2024. Se prevarranno le forze reazionarie, le timide politiche intraprese ultimamente dall’UE per la transizione verranno stoppate del tutto, come già successo in Italia, dove l’attuale Governo ha mostrato chiaramente il proprio atteggiamento negazionista nei confronti dei mutamenti climatici. Se anche il futuro Parlamento europeo sarà composto in maggioranza da forze politiche reazionarie e negazioniste, l’UE innesterà una fatale retromarcia verso le fonti fossili, portandoci inesorabilmente verso uno scenario climatico catastrofico. Un rischio più concreto di quanto si possa pensare.