Stefano Maini
Premessa
Non è semplice scrivere sui pesticidi – in agricoltura ma non solo – senza poi ricevere delle forti critiche. Facile ‘giocare’ in casa con lettori di Pro Natura! Più difficile ‘condividere’ un argomento così scottante se il presente articolo dovesse essere pubblicato su una rivista di divulgazione agricola per lettori quali tecnici professionisti, zootecnici e anche distributori di cosiddetti antiparassitari. Ritengo che coloro che sono ben disposti all’impiego dei pesticidi, nonostante molti oggi siano più consapevoli di un tempo sulla necessità di una ‘transizione ecologica’, siano persone ancorate a certe forti convinzioni, costumi e tradizioni. Anche oggi son duri a morire dei veri e propri ‘miti’ nei riguardi di questi principi attivi e preparati per difendere uomo, animali, colture dagli agenti dannosi, piante infestanti invasive, artropodi e patogeni vegetali. Posizioni radicate e difficile da rimuovere se non con veri e propri cambi di mentalità e nuove acquisizioni e spinte innovative da parte dei giovani.
Le recenti proteste degli agricoltori con blocchi stradali con i trattori e altre contestazioni, indicano, tra le diverse problematiche della PAC – Politica Agraria Comunitaria - quella che comprende parte del cosiddetto green deal non è del tutto trascurabile. Da alcuni agricoltori, questa questione ‘ecologica’ è vista come complicazione maledetta. Eventuali restrizioni all’uso dei pesticidi sono in genere sgradite (1)
Al contrario, era stata proposta per servire a rendere l’agricoltura meno inquinante e con produzioni di maggiore qualità, a salvaguardia della salute degli operatori e del territorio. Purtroppo, poi, con l’intervento della politica e gli interessi dei vari paesi, tutto si è complicato. Le evidenze scientifiche sui pericoli e effetti collaterali di queste sostanze non vanno però dimenticate o sottovalutate, non c’entra la cosiddetta ideologia ambientalista.
Non si capisce perché, purtroppo, tra ecologisti e agricoltori non si arrivi mai a una intesa e disinteressata pace! Per esempio, nel mais si è dimostrato che apicoltori e maiscoltori, nel momento del divieto di impiego di semente conciata con fipronil e neonicotinoidi (insetticidi), i coltivatori non hanno avuto cali di produzione di mais mentre per gli apicoltori, e i loro prodotti degli alveari, le api e probabilmente altri insetti utili, si sono avuti grandi vantaggi. La prevenzione con insetticidi a cosa serviva? A chi, se non solo a coloro con conflitti d’interesse? C’erano stati anche giornalisti ed economisti agrari che insinuavano: senza insetticidi i danni da insetti avrebbero portato al lastrico i maiscoltori! Per fortuna non è stato così (2).
Rimanendo nel campo dell’agricoltura, i pesticidi, definiti anche con termine meno accattivante di fitofarmaci o agrofarmaci (in passato genericamente si indicavano come antiparassitari), sono spesso dei veleni persistenti. Molti principi attivi hanno perso la registrazione (quindi vietati). Tuttavia, rimane l’idea che si possa sostituire gli xenobiotici (vale dire composti non presenti in natura e in alcuni casi super persistenti come le plastiche, molte molecole di sintesi, in particolare i pesticidi, gli Pfas cioè composti perfluoroalchilici che si trovano anche negli insetticidi (3) e sono molto dannosi alla salute umana secondo dati della EFSA (4) con altri nuovi principi attivi xenobiotici. Vedi anche mito 4 più avanti.
In altri termini e con acronimo HHPs (High Hazardous Pesticides) sono elencati i principali preparati prodotti per la difesa delle piante (PPP cioè Plant Protection Products) tra questi son compresi quelli molti pericolosi e persistenti (5, 6, 7).
Ci sono stati tanti esempi, a partire dal Ddt che nel 1962, dopo il libro Primavera silenziosa (Silent spring)di Rachel Carson, venne via via messi al bando, così come successe con altri composti quali Aldrin, Dieldrin, Endosulfan, ecc.
Deve essere ricordato qui cosa asseriva l’entomologo Guido Grandi di Bologna nel discorso inaugurale dell’Accademia Nazionale italiana di Entomologia, costituita nel 1950. Riporto per facilitare il lettore: “Con l’avvento dei cloroderivati organici e di altri prodotti ottenuti per sintesi, la cui produzione e la cui applicazione si è sviluppata, come tutti sanno, immediatamente dopo l’ultima guerra intercontinentale, le cose invece sono cambiate, e l’Uomo sembra ora in possesso di mezzi atti a vincere la partita. Dico “sembra” a ragion veduta, perché gli Insetti potrebbero riserbarci delle sorprese. Per intanto hanno incominciato ad offrirci, timidamente, delle razze o delle popolazioni parzialmente od integralmente resistenti ad alcuni dei nostri preparati infernali” (8).
In particolare, riguardo la rottura degli equilibri ambientali e insetticidi, Grandi (9) descriveva già nel 1962 molto bene cosa può succedere nel campo coltivato (agroecosistema) e in altri ecosistemi se si abusa di insetticidi persistenti e ad ampio spettro, in particolare prima o in contemporanea alle ipotesi di Rachel Carson.
Molti cloroderivati, concentrandosi in cima alla piramide delle catene alimentari, arrivavano a essere molto pericolosi, quindi persistenti nell’ambiente e letali. Vennero quindi sostituiti dai carbammati, dai fosforganici, e dai piretroidi – ancora sul mercato – e dai neonicotinoidi e così via. La lista dei prodotti per la difesa della piante revocati e di nuovi messi a disposizione, oppure anche ri-registrati, vede continue entrate e uscite (10).
I pesticidi coi loro residui e metaboliti non si rinvengono solo nelle aree coltivate intensivamente, ma anche in quelle naturali e, in certe situazioni, raggiungono aree montane con un mix di residui di molecole di sintesi chimica (11, 12).
In precedenza mi riferivo agli insetticidi, ma la stessa situazione è riscontrabile per gli anticrittogamici o fungicidi. I preparati a base di rame e zolfo sono ancora in uso e ammessi anche in agricoltura biologica, spesso però in agricoltura convenzionale sono sostituiti dai ditiocarbammati e da altri prodotti pericolosi, come gli inibitori dell’enzima succinato deidrogenasi (SDHI). Tra questi anche il Boscalid, che manifesta effetti negativi sulle api e presumibilmente anche su diverse altre specie di insetti.
Sui diserbanti si ricorderà che l’acqua dei pozzi e delle fonti era stata inquinata da atrazina. Dopo il divieto all’impiego del 1992 il prodotti è però ancora presente come residuo nell’acqua dei pozzi in pianura padana. Non solo atrazina! Oggi nelle acque c’è anche un altro principio attivo erbicida: la terbutilazina. Inoltre, a questi diserbanti si è aggiunto il glifosato (nome commerciale Roundup). Prima registrazione in Italia nel 1977 e c’è stato subito qualche agronomo che ne ha esaminato tutti i grandi vantaggi per una agricoltura addirittura conservativa, sponsorizzata poi da Monsanto e indicata come: agricoltura blu! (13)
Su quest’ultima molecola e relativi preparati, viceversa ai vantaggi descritti, ci sono da riempire pagine su pagine con articoli scientifici che lo condannano. Non mancano però, guarda caso ancora (sic!), dei sostenitori. Alla fine son riusciti a vincere! Infatti, i favorevoli all’impiego hanno spinto tanto da arrivare alla fine alla concessione in Europa di poter diserbare con glifosato per altri 10 anni!Tutto ciò, quindi, nonostante ci siano, come detto in precedenza, centinaia di lavori scientifici che dimostrano la cattiva fama di questo erbicida.
Fra l’altro, anche per il glifosato, come succede per altre molecole di pesticidi, si è evoluta una resistenza nelle piante infestanti. Nelle aree (al di fuori dell’Italia) dove è consentita la semina di piante coltivate geneticamente modificate resistenti al glifosato, è stato buffo constatare che anche le piante selvatiche non si riuscivano più a eliminare, l’unico modo pare il ritorno alla zappa! Solo le sarchiature meccaniche possono limitare le infestanti oppure è necessaria l’adozione di altre nuove molecole erbicide. Il fenomeno si indica come una herbicide resistance treadmill, in altri termini si tratta di una continua rincorsa a trovare molecole più efficaci e a ottenere nuovi brevetti. Il fenomeno si è riscontrato anche in Spagna su piante provenienti dagli USA e probabilmente con resistenza già acquisita (14). La resistenza – del resto problema noto anche in medicina per i batteri non più sensibili ad alcuni antibiotici – è un fenomeno studiato anche per insetti (la mosca domestica presentava ceppi insensibili al Ddt fin dal 1944, e in Italia l’impiego era iniziato da pochissimo tempo!). La casistica è molto ampia. Tante altre molecole insetticide impiegate contro insetti fitofagi manifestano una mancata efficacia con resistenze semplici e incrociate, così anche per fungicidi che non sono più attivi contro malattie crittogamiche e come riportato sopra ciò vale anche per gli erbicidi.
Per quanto riguarda gli insetti, posso affermare che mi vanto di aver preso parte al gruppo di ricerca che, in Italia, da anni si è battuto per far sostituire, nella pratica agricola, la difesa biologica invece della lotta ‘spietata’ con insetticidi. Questa équipe, con un po’ di falsa modestia, è quella nata nella scuola di Entomologia dell’Università di Bologna. Nonostante i tanti risultati positivi, però, ancora oggi, nel 2024, si sente, da parte di qualche voce, una certa ‘nostalgia’ nell’uso preventivo e a volte indiscriminato degli insetticidi e pesticidi in genere. Uno dei motivi, tra i tanti che rallentano l’adozione di tecniche alternative alla lotta chimica, è la difficoltà incontrata e causata dall’impossibilità di procedere subito all’applicazione della lotta biologica classica. Abbastanza recenti i casi di ‘rallentamenti’ nell’affrontare la lotta biologica classica a seguito dei problemi di insetti esotici ‘invasivi’ introdotti accidentalmente (esempio la cimice asiatica Halyomorpha halys). Ecco che così, puntualmente, ad esempio a causa delle deroghe e forte impiego di veleni ad ampio spettro d’azione contro la cimice, nei frutteti di pero del ferrarese, si è osservato un ritorno dei danni dalla pericolosa psilla – resistente ai pesticidi e vettore di malattie – mentre il suo principale nemico, un predatore l’antocoride, è stato decimato! Chissà, se si fosse introdotto fin dal primo ingresso della cimice in Italia, un suo nemico naturale si sarebbero forse potuto evitare trattamenti insetticidi effettuati per anni? Ora un parassitoide, nemico naturale – colpisce e si sviluppa a spese delle uova della cimice – casualmente è arrivato da solo dall’oriente, Trissolcus mitsukurii! Inoltre un altro insetto utile finalmente è stato ‘inoculato’ (è divenuto famoso col nome di vespa samurai, Trissolcus japonicus). I tempi di introduzione (si veda in seguito) non sono stati rapidi per preventive verifiche di risk assesments nei riguardi di introduzione di animali esotici e relative sperimentazioni preliminari, nonché a causa della lentezza della burocrazia. Non è certo, ma pure quest’ultima specie di parassitoide oofago, in barba ai risk assessments, forse era arrivato casualmente a seguito della cimice sua ospite. Un terzo insetto indigeno Anastatus bifasciatus si è adattato sempre sulla esotica cimice asiatica (si è creata naturalmente una cosiddetta nuova associazione). Possiamo così sperare che si giunga a un equilibrio che porti Halyomorpha halys a ridurre la sua invasività e i danni alle coltivazioni.
Miti e realtà dei pesticidi
Dopo questa premessa vorrei entrare nell’argomento sui ‘miti e realtà’ dei pesticidi.
Proprio perché ancora oggi, troppo spesso, le grandi società di biotecnologia e produttrici di pesticidi continuano a distorcere le informazioni per far sembrare i loro prodotti sicuri e necessari, ma spesso non lo sono, mi son permesso, su questo importante argomento, di indicare 12 miti e rispettive realtà. Il tutto alla stregua di una pubblicazione che riprendo, modifico e integro da ‘PAN’, Pesticide Action Network degli Stati Uniti (15) e Europa (16).
Anche l’uso di termini, come riportavo in premessa, per la nostra lingua più ‘soft’, come per esempio ‘fitofarmaco’ e/o ‘agrofarmaco’, rispetto a ‘pesticida’ (dal latino pestis, pestiferus e cidium, caedere tagliare), è un semplice modo per far rendere semanticamente meno pericoloso un biocida xenobiotico. Molecole insetticide di sintesi chimica e non naturali, come per esempio i neonicotinoidi e piretroidi, sono stati impiegati e lo sono ancora oggi per combattere gli insetti. Ho notato fra l’altro che, in certi casi, sono scambiati e indicati come di origine vegetale, ma non lo sono! Nicotina (naturale) e non neonicotinoide e piretro (naturale) e non piretroide, ecc.
Per questo motivo esistono nella mentalità di alcune persone – anche di illustri ricercatori – dei miti, solo apparentemente plausibili, che non avrebbero, nemmeno da un punto di vista economico, ragione d’essere. Ritengo importante controbattere le solite posizioni che, ancora oggi, frequentemente vengono sostenute dalle società agrochimiche.
Mito n. 1: "I pesticidi sono necessari per nutrire il mondo"
Realtà: l'analisi più completa dell'agricoltura mondiale fino ad oggi ci dice che ciò che può sfamare il mondo – e i prodotti utili per alimentare la maggior parte dell’umanità ora – in effetti, è un'agricoltura su piccola scala che non si basa sui pesticidi.
Dow, DuPont, Bayer-Monsanto, Syngenta e altri produttori di pesticidi hanno commercializzato i loro prodotti come necessari per nutrire il mondo. Tuttavia, poiché l'uso di insetticidi è aumentato di un fattore 10 nei 50 anni successivi alla seconda guerra mondiale, nonostante questo le perdite di raccolto sono quasi raddoppiate. Il mais è coltura esemplificativa: al posto delle rotazioni agrarie, la maggior parte della superficie coltivata anno dopo anno è stata seminata solo con mais (monocolture e monosuccessioni). Ad un aumento di oltre 1.000 volte nell'uso di insetticidi organofosfati, le perdite dei raccolti a causa di insetti in pre e post raccolta sono aumentate dal 3,5% al 12%.
Più precisamente, la fame in un'epoca di abbondanza non è un problema di produzione (o di resa, come sostiene l'industria dei pesticidi), ma di efficienza o addirittura di distribuzione (si veda proprio oggi con la guerra in Ucraina). È una questione di priorità. Se fossimo seriamente intenzionati a nutrire le persone, non coltiveremmo abbastanza granoturco in più per sfamare 1/3 degli affamati del mondo, e poi lo verseremmo nei serbatoi di accumulo di bio-carburanti.
Mito n. 2: “I pesticidi non sono così pericolosi, se usati secondo le norme del produttore, cioè, seguendo la cosiddetta etichetta”
Realtà: i pesticidi sono pericolosi in base alla loro molecola xenobiotica di sintesi. Sono studiati appositamente per causare la eliminazione e/o la morte degli organismi ritenuti nocivi. E i danni alla salute umana sono molto ben documentati, con i bambini particolarmente a rischio. Ci sono tanti esempi tratti dalla letteratura. Anche se certe molecole tossiche sono state ritirate, come è noto si sa bene che sono ancora presenti come residui nell’ambiente.
• Un'intera classe di pesticidi (organofosfati) è stata collegata a tassi più elevati di ADHD (sindrome da deficit di attenzione) nei bambini.
• L'erbicida atrazina, presente nel 94% del nostro approvvigionamento idrico, è stato collegato a difetti alla nascita, infertilità e cancro.
• Le donne esposte all’insetticida endosulfan (un cloroderivato ritirato in Italia) durante la gravidanza hanno maggiori probabilità di avere figli autistici.
• Le ragazze esposte al Ddt (ritirato in Italia) prima della pubertà hanno una probabilità cinque volte maggiore di sviluppare il cancro al seno.
• L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente designato l'ingrediente chiave dell'erbicida ampiamente utilizzato Roundup (glifosato + coformulante) un "probabile cancerogeno per l'uomo". Nonostante questo, come scritto sopra, sarà consentito (con scarse limitazioni) il suo impiego in Europa per altri 10 anni .
Una crescente mole di studi scientifici, sottoposti a revisione paritaria, documenta che i pesticidi sono dannosi per la salute umana. Chiaro anche il danno ambientale causato dai pesticidi. Rane maschi che diventano femmine dopo l'esposizione, diminuzione di uccelli insettivori, crollo delle popolazioni di pipistrelli, frequenti apicidi (mortalità per tossicità acuta delle api da miele) ed effetti sub-letali sempre sulle api, danni agli impollinatori selvatici e altri insetti utili e di interesse naturalistico. Qui si può aprire la parentesi sui danni da insetticidi sulle api già riportati anche in premessa. Negli anni scorsi alcuni ricercatori indicavano nelle sole malattie e parassiti un grave fenomeno che fu detto CCD (Colony Collapse Disorder) anzi inizialmente anche solo come malattia: Colony Collapse Disease. Venne poi invece sospettato e dimostrato che erano coinvolti, nella mortalità delle api da miele, più fattori, non solo le malattie e i parassiti (esempio l’acaro Varroa destructor), ma un insieme di cause. Tra queste i pesticidi sicuramente giocano un ruolo importante per diminuire la immunità alle malattie e la forza delle api a resistere ai tanti stress ambientali (16), quindi successivamente ben documentato da Di Prisco et al. (18). Più recentemente sono state pubblicate molte altre ricerche sui danni (tossicità acuta e effetti sub-letali) dei pesticidi sulle api e anche di effetti di più molecole (mix come esempio residui di insetticidi e fungicidi), vedi anche mito 3.
Mito n. 3: "La dose fa il veleno"
Realtà: le ricerche per avvallare questo ‘mito 3’ vengono svolte su individui esposti (animali cavia, ecc.) a una quantità estremamente piccola di un ingrediente di un singolo pesticida alla volta. In molti casi si tratta di una sostanza chimica di tossicità relativamente bassa e l'esposizione potrebbe essere verificata al di fuori di qualsiasi finestra di vulnerabilità biologica, in questo caso il pericolo è ridotto. Quindi questo è uno scenario improbabile.
In primo luogo, i prodotti pesticidi in commercio contengono diversi ingredienti potenzialmente pericolosi (i cosiddetti: inerti, coadiuvanti, sinergizzanti, ecc.). In secondo luogo, siamo tutti esposti a un cocktails di pesticidi nella nostra aria, acqua, cibo e sulle superfici che tocchiamo (19).
La combinazione di queste sostanze chimiche può essere più tossica di ognuna di esse che agisce da sola. In terzo luogo, molti pesticidi sono interferenti endocrini e anche dosi estremamente basse possono compromettere il delicato sistema ormonale umano e causare danni alla nostra salute. Sui fungicidi SDHI già citati sopra – inibitori della succinato deidrogenasi, un enzima che regola la catena respiratoria – si stanno studiando diversi effetti collaterali sugli organismi viventi e uomo; gli effetti negativi potrebbero manifestarsi dopo anni (20).
Infine, la tempistica dell'esposizione può essere altrettanto importante, se non di più, della dose. Anche livelli estremamente bassi di pesticidi possono causare danni irreversibili. Tali da cambiare la vita se si verificano in un momento in cui si stanno sviluppando organi o altri sistemi. Un esempio lampante tratto da un recente studio che utilizza la tecnologia MRI (risonanza magnetica per immagini) e illustra una particolare relazione: i bambini esposti in utero all'insetticida neurotossico clorpirifos hanno evidenziato cambiamenti duraturi nella loro architettura cerebrale. Fra l’altro questo fosforganico è ancora in uso in molti paesi, in Italia è stato revocato. A volte però si è impiegato in deroga per casi di eccezionali infestazioni di insetti e spesso se ne invocherebbe il ritorno all’impiego (21).
È anche importante capire che la ricerca, utilizzata per determinare la sicurezza di un pesticida, è finanziata e condotta dalle società che commercializzano il prodotto, portando spesso a una distorsione dei risultati.
Mito n 4: "Il governo ci sta proteggendo" Ovvero: gli enti come EPA (Environmental Protection Agency),USA, EFSA (European Food Safety Authority) e la legislazione di tanti altri Paesi nel mondo, proteggono veramente la popolazione dai pericoli dei pesticidi xenobiotici?
Realtà: i nostri sistemi normativi spesso non stanno facendo il lavoro necessario per la protezione delle salute umana e dell’ambiente. I pesticidi vengono applicati ogni anno su superfici agrarie, foreste, campi sportivi, e persino in aree a parchi naturali (es. lotta agli adulti di zanzara), il glifosato in Europa per fortuna è stato vietato in aree a parchi e giardini, ma potrebbe non essere sufficiente perché si può muovere dai campi agli altri ecosistemi. L’erbicida pendimethalin “possible human carcinogen” viene riportato raggiungere oltre 2000 m s.l.m.! Assieme ad altri pesticidi come indicato in precedenza (22).
Gli agricoltori e le comunità rurali soffrono di malattie durante la stagione dei trattamenti e oltre. Molti bambini, in tutto il mondo, nascono con una miscela di pesticidi e altre sostanze chimiche nei loro corpi.
L'approccio normativo prevalente, in genere, è reazionario piuttosto che precauzionale. Invece di richiedere all'industria di chiarire la sicurezza, cioè la mancanza di effetti secondari nocivi, l’autorità (ente pubblico scientifico indipendente) ha l'onere di dimostrare che una determinata esposizione ambientale è dannosa. A volte è il contrario! Si veda il caso delle deroghe. Per esempio le ri-registrazioni di principi attivi di pesticidi che erano già stati revocati, concesse senza tanti problemi. Si cambia magari la formulazione e il nome commerciale! Si è verificato proprio quando un insetto esotico, inizialmente introdotto in un nuovo ambiente e senza nemici naturali, compie molti danni. La deroga per insetticidi pericolosi e ad ampio spettro d’azione, fra l’altro non sempre efficaci per l’insetto obiettivo (che probabilmente è arrivato nel nuovo areale con già una resistenza acquisita ai pesticidi, esempio Franklineilla occidentalis), è stata concessa in passato con relativa facilità. Al contrario sono richieste molte verifiche e studi di possibili rischi (risk assessment) all’introduzione di nemici naturali esotici per una ‘classica’ lotta biologica, pertanto si è atteso per diversi anni prima di intraprendere la introduzione e l’inoculo di predatori e parassitoidi dall’estero. Si è verificato un esempio eclatante: l’arrivo dei parassitoidi oofagi di Halyomorpha halys in maniera casuale, come casi ‘fortuiti’. In seguitosi è osservato l’adattamento anche di parassitoidi indigeni su questa cimice esotica, ovvero si sono accertate ‘nuove associazioni’ (vedi sopra il caso cimice asiatica e nemici naturali). Le difficoltà a ri-registrare preparati microbiologici è un altro impedimento. Cito brevemente il caso dei preparati di Bacillus thuringiensis subs. tenebrionis, efficaci per la lotta ad alcune specie di coleotteri crisomelidi, in particolare alla dorifora dannosa alla patata e altre solanacee (per esempio la melanzana). La registrazione è stata lasciare scadere e poiché questi preparati non sono ad ampio spettro e hanno un mercato relativamente ridotto, ai produttori non interessa richiedere una nuova registrazione del preparato microbiologico. Similmente a quanto succede nella medicina umana riguardo i ‘farmaci orfani’. Avrebbe un costo troppo elevato e non conviene! Intanto la dorifora sta diventando resistente agli insetticidi e si dimentica che una alternanza tra un pesticida microbiologico e i principi attivi di sintesi potrebbe ridurre l’instaurarsi di popolazioni che non si eliminano più con gli insetticidi tradizionali.
La pietra angolare della regolamentazione dei pesticidi è un processo fondamentalmente imperfetto di "valutazione del rischio", che non può cogliere tutte le possibili e diverse esposizioni ai pesticidi e i rischi per la salute che rappresentano. I funzionari dell'EPA e anche dell’EFSA spesso continuano a fare affidamento sui dati di ricerca presentati dai produttori di pesticidi, che hanno tutto l’interesse per trascinare avanti nel tempo le indagini sulla sicurezza dei loro prodotti (che nel frattempo si continuano a utilizzare), spesso per decenni. Sono in corso azioni legali per costringere queste istituzioni a rispettare la legge e accelerare le loro indagini sui pericoli per l’ambiente. Come già indicato sopra ,è il caso del rinnovo dell’autorizzazione riguardante il glifosato (Roundup), l’erbicida sistemico e ad ampio spettro. Alla fine ha ricevuto un prolungamento d’impiego (con poche limitazioni) in Europa di 10 anni a partire dal 2023. Globalmente viene prodotto e ancora impiegato (23).
Un approccio precauzionale migliore e di buon senso per proteggerci valuterebbe alternative ai pesticidi altamente pericolosi piuttosto che accettare l'esposizione pubblica alle molecole xenobiotiche persistenti come un male necessario. Un tale cambiamento richiederà una riforma fondamentale delle politiche a questo riguardo, considerando anche la cosiddetta ‘globalizzazione’. Non si dovrebbe permettere, a una qualsiasi nazione nel mondo, di produrre e far adottare agli agricoltori pesticidi altamente e scientificamente accertati come dannosi all’ambiente in generale, agli agroecosistemi, salute uomo e animali. Si deve vietare o indicare delle ben precise limitazioni per usi e produzione. Anche la FAO pare abbia o abbia avuto ai suoi vertici, persone e ricercatori con conflitti d’interesse con multinazionali. Questo non va sicuramente a favore degli agricoltori, ma al contrario risulta dannoso alla qualità dei prodotti agricoli, dei coltivatori e dei consumatori.
Mito n. 5: “Gli OGM riducono la dipendenza dai pesticidi”
Realtà: gli organismi geneticamente modificati (OGM) stanno aumentando l'uso di pesticidi e non sorprende: i maggiori venditori di semi OGM sono le stesse società di pesticidi. L'obiettivo dell'introduzione dei semi OGM è semplice: aumentare il controllo aziendale dell'agricoltura globale. Più dell'80% delle colture OGM coltivate in tutto il mondo sono progettate per tollerare un maggiore uso di erbicidi, non per ridurre, in genere, l'uso di pesticidi.
Bayer-Monsanto, leader mondiale nelle sementi ingegnerizzate brevettate, reclamizza che i suoi OGM fanno aumentare i raccolti, riducono l'impatto ambientale e mitigano i cambiamenti climatici. Inoltre che gli agricoltori userebbero meno pesticidi quando mettono a coltura i loro semi brevettati dell'azienda. Niente di tutto questo è vero.
In media, i semi ‘biotecnologici’ di Bayer riducono la resa. Nel 2009, la Monsanto ha ammesso che il suo cotone OGM “Bollguard” era diventato inefficace per limitare il lepidottero Pectinophora gossipiella pink bollworm – lo stesso insetto dannoso al cotone che era stato progettato per controllare – nelle aree del Gujarat, il principale stato di coltivazione del cotone dell'India. Introdotti nel 1996, i semi Bollguard, che includono tratti tossici del batterio Bacillus thuringiensis (Bt) attivo per ingestione contro diverse specie di lepidotteri, rappresentano ora la metà del cotone coltivato nel mondo. In India, tuttavia, la produttività del cotone Bt è diminuita mentre i costi dei pesticidi sono aumentati di quasi il 25%, contribuendo alla tragica epidemia di suicidi tra gli agricoltori indiani pieni di debiti.
Nel 2009, il 93% della soia OGM degli Stati Uniti e l'80% del mais OGM è stato coltivato da semi brevettati dalla Monsanto. Mais e soia denominati "Roundup Ready" sono stati studiati per l'uso con i diserbanti di Bayer-Monsanto, che nutrono principalmente animali e automobili piuttosto che persone! Ora che alcune specie di erbe spontanee invasive hanno sviluppato resistenza al Roundup, le corporations Dow, DuPont e Bayer-Monsanto stanno introducendo mais OGM che include la tolleranza del dicamba e del 2,4-D, erbicidi antiquati e pericolosi che, per deriva, tendono a spostarsi da dove vengono applicati sui campi vicini non OGM e nelle comunità rurali nei pressi delle zone dei trattamenti. Pare che non si intenda cambiare rotta!
Mito n. 6: “Ci stiamo allontanando dai pesticidi, domanda: c’è una riduzione a livello globale del loro impiego?”
Realtà: dopo 20 anni di stagnazione del mercato, l'industria dei pesticidi è entrata in un periodo di vigorosa crescita a partire dal 2004. Il mercato dei pesticidi valeva circa 46 miliardi di dollari nel 2012 e continua a crescere, con gli Stati Uniti che rappresentano il 53% dell'uso globale. Anche in Europa il ‘trend’ va verso l’aumento e in molte realtà purtroppo esiste anche il fenomeno del contrabbando di pesticidi, ovviamente queste quantità non rientrano nelle statistiche. Dati aggiornati indicano un andamento di crescita dovuta anche alla scadenza di brevetti. Si riporta approssimativamente un aumento del 4% annuo (24, 25).
Circa l'80% del mercato è destinato all'uso agricolo, ma le vendite e i margini di profitto non agricoli stanno crescendo ancor più rapidamente, trainati dall'ascesa di una classe media globale di persone che adotta (questo forse non pare valido per il nostro paese) prati e paesaggi chimicamente dipendenti. Inoltre, la strategia dell'industria di promuovere i semi OGM, la maggior parte dei quali sono progettati per tollerare applicazioni più elevate di erbicidi, ha determinato un aumento delle vendite di diserbanti.
Mito n. 7: "I pesticidi sono la risposta al cambiamento climatico globale e sono importanti per limitare l’aumento di malattie e nemici delle piante dovuto a siccità, alluvioni e aumento delle temperature"
Realtà: le multinazionali stanno lavorando alacremente per aumentare la propria quota di mercato, sfruttando il cambiamento climatico come opportunità di vendita. Nel 2008, Bayer, Syngenta, DuPont, BASF e altri avevano depositato 532 brevetti per "geni legati al clima", propagandando l'arrivo imminente di una nuova generazione di semi progettati per resistere al caldo e alla siccità. Il loro approccio limiterà ulteriormente la pratica secolare degli agricoltori che conservano semi con caratteristiche desiderabili, una pratica che potrebbe rivelarsi ancora più importante poiché il clima muta in modo imprevedibile e richiede una maggiore, non minore, diversità su scala agricola.
In effetti, le prove dimostrano che l'agricoltura sostenibile fornisce importanti soluzioni ai cambiamenti climatici, con sistemi resilienti che creano meno gas serra, promuovono la biodiversità nelle aziende agricole e vengono potenziati ambienti utili per l’assorbimento del carbonio.
Nonostante le acquisizioni scientifiche in genetica, da quanto risulta dalla letteratura scientifica, nessuna di queste multinazionali è stata in grado di progettare alcun tipo di seme che aumenti la resa o "pronto per il clima". Le loro promesse di porre fine alla fame nel mondo attraverso semi e colture resistenti alla siccità, al calore e all’aumento della salinità, per il momento si sono rivelate vane – inoltre anche se si riuscissero ad ottenere – io non credo che non verrebbero caricate di costi di brevetto.
Mito n. 8: "Abbiamo bisogno del Ddt per porre fine alla malaria, combattere le cimici dei letti, ecc."
Realtà: la ‘rinascita’ delle cimici negli ultimi anni non ha nulla a che fare con il divieto del Ddt del 1972. Le cimici, come molte zanzare, mosche (vedi in seguito) ecc. sono diventate resistenti al Ddt e lo erano a partire da decenni fa, quando il Ddt era ancora in uso. In alcuni casi il Ddt peggiora persino le infestazioni da cimici, poiché invece di ucciderle le irrita, rendendole più attive.
La resistenza è anche un problema per le zanzare portatrici di malaria. Il Ddt era stato abbandonato come soluzione alla malaria negli Stati Uniti molto prima che fosse bandito per l'uso agricolo.
In tutto il mondo, i professionisti che combattono sul campo le malattie dovute alle trasmissioni da parte di insetti dai vettori, riferiscono che il Ddt è meno efficace rispetto a molti altri strumenti. Un piccolo gruppo di sostenitori della chimica continua a promuovere in modo aggressivo l'uso diffuso del Ddt per combattere la malaria, nonostante la sua mancanza di efficacia e la crescente evidenza di danni alla salute umana, anche a bassi livelli di esposizione. In premessa ho riferito della resistenza della mosca domestica al Ddt, rilevata nel 1944 in Italia dal ricercatore Giuseppe Saccà e pubblicato nel volume 8 della “Rivista di Parassitologia” del 1947.
Mito n. 9: “I pesticidi non c’entrano con l’aumento dell’effetto serra!”
Realtà: gran parte del contributo dell'agricoltura al cambiamento climatico deriva dalla dipendenza del modello di coltivazione ad alta intensità chimica e dagli input basati sui combustibili fossili. Indubbiamente le alte quantità di fertilizzanti azotati sintetici (insistenza al ristoppio invece della rotazione delle colture), nonché dei pesticidi prodotti da idrocarburi a base di petrolio, contribuiscono notevolmente all'impatto del carbonio nell’agro-industria rispetto ad approcci agroecologici.
Mito n. 10: “Viene divulgato il concetto che anche i pesticidi di origine vegetale, preparati microbiologici e altri mezzi impiegati in agricoltura biologica e biodinamica, sono tossici. Quindi perché non usare le molecole xenobiotiche che appaiono a maggiore efficacia immediata?”
Realtà: certamente sono tossici. Si tratta di una banalità: basta pensare a cicuta, nicotina, atropina, ai tanti alcaloidi presenti nelle piante. Però la persistenza nell’ambiente è estremamente diversa! Si vedano per esempio i cosiddetti ‘tempi di carenza’ di questiinsetticidi di origine vegetale per l’uomo e i pericoli che potrebbero incombere su tutti gli altri animali presenti nell’ambiente. Il piretro naturale (senza sinergizzanti tipo piperonilbutossido) ha un ben diverso tempo di carenza rispetto a un piretroide di sintesi, gli estratti di nicotina non sono assolutamente da paragonare ai neonicotinoidi, e così via. Un errore è quello di leggere in etichetta che un trattamento per esempio con un insetticida piretroide ha una sicurezza di alcuni giorni (sono tempi indicativi per l’uomo, ma non per insetti utili che magari si ha intenzione di lanciare dopo pochi giorni dall’intervento chimico e rilasciare predatori, parassitoidi o impollinatori). Per gli insetti utili o indifferenti i residui dei piretroidi, nonché dei neonicotinoidi, potrebbero rimanere letali per mesi!
Mito n. 11: “Viene riportato che le api da miele non muoiono per colpa dei pesticidi ma per le malattie parassitarie e/o addirittura per colpa dei pesticidi che adoperano gli apicoltori. Vengono riportate indicazioni che alcuni pesticidi sono repellenti e quindi le api si ‘salvano’ perché non vanno a bottinare nelle aree trattate”.
Realtà: falso nella stragrande maggioranza di casi. Purtroppo non si riscontrano solo mortalità nelle api da miele (impiegate da anni proprio come indicatore ambientale) ma si sono constatate forti diminuzioni degli impollinatori selvatici che non presentano le malattie delle api da miele. Per esempio negli imenotteri apoidei, le api solitarie. Molti effetti dei pesticidi si sono osservati e studiati anche nei bombi. Altri impollinatori selvatici, non apoidei, come i ditteri sirfidi, sono un indicatore biologico e vengono ritrovati con minore densità di popolazione in ambienti trattati con insetticidi, cosa c’entrerebbero quindi le malattie? Inoltre, si è scientificamente accertata la forte riduzione di biodiversità entomatica laddove c’è agricoltura industriale a forte impiego di pesticidi. Anche nei centri urbani ci può essere una forte diminuzione di insetti utili a causa di frequenti interventi insetticidi contro, per esempio, gli adulti di zanzara. La lotta a questi ditteri, in primis, si deve eseguire contro le larve in acqua. In alcuni casi le ditte di disinfestazione esagerano facendo allarmare i cittadini riguardo a possibile presenza di zanzare vettrici di malattie. Questo, nonostante che dagli Istituti Zooprofilattici non vengano ancora segnalate emergenze di questo tipo. Come è noto la specie di zanzara, possibile vettore della malaria, l’abbiamo anche in Italia. Tuttavia il plasmodio – tranne rari casi di persone provenienti dai paesi dove la malaria è endemica – nel nostro paese risulta assente (come noto il chinino e altri motivi, quali una maggiore attenzione alla regimazione delle acque, furono in passato le principali ragioni della eliminazione della malaria in Italia). Chiaro che l’attenzione deve mantenersi alta anche per insetti vettori di altre malattie a trasmissione di insetti. Causa certe situazioni ambientali e di spostamenti di viaggiatori, si potrebbero originare pericoli per la popolazione e animali. Solo in questi casi, sporadici, si potrà procedere con insetticidi ad ampio spettro, ma preferibilmente in aree limitate.
Mito n. 12: “I prodotti acquistati presso i mercati biologici e biodinamici hanno pericolose micotossine e hanno prezzi più elevati. Perché allora si deve sostenere la produzione biologica?”
Realtà: non è sempre accertato che le micotossine non siano presenti anche nelle produzioni in agricoltura convenzionale e intensiva. Come si diceva un tempo, i tecnici di lotta biologica e integrata non sono i ‘cavalieri della mela bacata!’. La mela con qualche piccola imperfezione sulla buccia non significa che sia piena di micotossine. Certamente al posto di insetticidi per combattere i fitofagi nel melo si possono impiegare alternative, nel caso specifico per limitare i danni provocati dal baco delle mele. Si deve dare un maggiore affidamento alla lotta microbiologica, alle tecniche come l’impedimento degli accoppiamenti mediante l’impiego di feromoni, ecc. Il fatto che questi metodi siano più ‘complessi’ rispetto alla ‘clava’ – che è da considerare l’uso di un insetticida ad ampio spettro – è da ritenere come una vera e propria evoluzione verso un’agricoltura più efficiente. Non sempre è economicamente svantaggiosa per gli agricoltori che potrebbero ottenere proprio dal marchio ‘bio’ un valore aggiunto importante (anche senza apporre una stupida etichetta trademark di plastica ai frutti!). Con tecniche meno impattanti rispetto ai pesticidi si può evitare il cosiddetto pesticide treadmill. Questo è il termine inglese per indicare che più si tratta con insetticidi (ma anche con altri pesticidi, in precedenza il riferimento era alla resistenza agli erbicidi) più bisognerà trattare! Un tempo, dove si effettuavano decine di trattamenti con pesticidi l’agroecosistema era come un drogato. Si possono sviluppare enormemente degli insetti (che in genere sono di secondaria importanza economica) che, a seguito della diminuzione dei loro nemici naturali quali predatori e parassitoidi, dovuta agli interventi insetticidi con prodotti ad ampio spettro e persistenti, diventano molto dannosi e fuori controllo (si veda l’esempio indicato in premessa della cimice asiatica e della ri-sorgenza della psilla del pero). Ma in letteratura gli esempi scientificamente dimostrati sono centinaia.
Alternative ai pesticidi e loro possibile riduzione e razionale impiego.
In conclusione mi preme ricordare che se si trovano difetti e pericoli nell’impiego dei pesticidi ciò non vuole significare che si è contro gli agricoltori. Al contrario, si deve arrivare a limitare la mole degli interventi con queste molecole tossiche e produrre cibi di qualità senza che il reddito si annulli. I dati scientifici dimostrano che è possibile una ‘agricoltura sostenibile’ con riduzioni drastiche o annullamento dell’impiego di xenobiotici persistenti (a volte indicata in diversi modi, produzione integrata, agricoltura biologica, biodinamica, conservativa – da non confondersi con agricoltura blu o conservativa ‘stile’ Monsanto! –, organica, rigenerativa, ecoproduttiva, ecc.). In altri termini sulla sostenibilità e artropodi ci si può riferire alla più ampia agroecologia (26).
La sostenibilità in agricoltura si può iniziare ad ottenere anzitutto seguendo quei disciplinari di produzione agricola integrata che si sono costruiti in anni di ricerche scientifiche. Non c’entra la demagogia green come qualche portatore di interesse vorrebbe far credere! Non è demagogia, ma scienza! Per semplificare, nei disciplinari si rimarca sull’importanza delle rotazioni, sulla scelta di colture di piante vocate al territorio, sulla riduzione delle le infestazioni e malattie con scelta di piante resistenti o tolleranti, di diversificare l’agroecositema con siepi e boschetti (27), di ricorrere ai pesticidi naturali di origine vegetale e non persistenti nell’ambiente, di affidarsi alla lotta biologica naturale e artificiale, microbiologica e non contare solo sugli xenobiotici a largo spettro d’azione (28).
La lotta biologica agli insetti e IPM
Fin dagli ‘70 del secolo scorso erano state stabilite le basi per IPM (Integrated Pest Management), ovvero la difesa integrata con la valutazione delle soglie di intervento. In seguito furono preparati dei disciplinari di produzione integrata, che comprendevano una serie di buone pratiche agricole, come indicato in precedenza, ma, inoltre, negli agroecosistemi si deve evitare di disturbare le specie di animali insettivori, ci si basa sulla salvaguardia degli insetti utili predatori, parassitoidi, pronubi. Se possibile, si tenta di far destinare aree non coltivate a beneficio di una maggiore biodiversità. Tutte pratiche che si potrebbero indicare, come detto in precedenza, agroecologiche, atte a prevenire improvvise grandi infestazioni di insetti e piante invasive e di malattie delle piante coltivate. Se gli agroecositemi sono maggiormente diversificati e non ci sono mono-colture e mono-successioni si possono già avere dei vantaggi anche per gli agricoltori.
In Irlanda la storia racconta di coltivazioni di vaste aree a patata con nulla o quasi variabilità genetica (comparabile a un OGM!) e conseguente carestia all’arrivo della malattia peronospora della patata. Fu un errore pagato carissimo non mettere a coltura diverse specie di piante commestibili!
La lotta biologica non è cosa recentissima. Scientificamente si fa risalire al 1888-89, quando un grave problema fu l’ingresso accidentale in California del dannoso insetto australiano Icerya purchasi. La cocciniglia arrivata dall’Australia non aveva nemici naturali e così fu introdotta dal paese d’origine il suo principale antagonista, la coccinella predatrice Rodolia cardinalis. In breve sintesi, nel manifesto stampato nel 1989 a 100 anni di distanza da questo storico successo, con Giorgio Celli e i 19 collaboratori del gruppo, si scrisse: “La lotta biologica è una strategia di potenziamento della lotta naturale, combatte la natura con la natura. Al contrario della lotta chimica non semplifica, ma rende più complessi, quindi più stabili, gli ecosistemi e non fa aumentare la mutagenesi ambientale.”
In particolare, e considerando questi casi come ‘lotta biologica classica’ a tutt’oggi di successi se ne possono contare a centinaia. In Italia, i più recenti sono stati quelli con riduzione dei danni di Metcalfa pruinosa, un flatide originario degli Stati Uniti e dell’orientale cinipide del castagno. Ancora in studio la lotta biologica contro la cimice asiatica di cui si è trattato in precedenza.
Alle volte arrivano – introdotti accidentalmente - degli insetti che, in un certo senso, sono utili. Inizialmente una coccinella asiatica, Harmonia axyridis aveva creato problemi perché le sue popolazioni, ai primi freddi autunnali – per questo è stata indicata anche come la coccinella di halloween – gli adulti si introducevano in massa nelle case e altri ambienti allarmando i cittadini. Poi, in seguito, si è arrivati a un equilibrio e in molti casi questo coccinellide esotico si comporta come abile predatore di afidi e cocciniglie dannose alle piante coltivate e ornamentali. Le specie di coccinelle indigene non hanno subito gravi danni, come si paventava appena arrivò in Europa questa esotica. Avrebbe potuto sostituire e creare problemi nell’ambiente e essere competitiva con specie di insetti utili nativi.
Contro insetti indigeni, particolarmente dannosi in certe annate, si possono introdurre parassitoidi, pure indigeni. Questi insetti e acari utili da lanciare in grande numero, sono allevati in biofabbriche (29). Si tratta sempre di lotta biologica artificiale, che sfocia anche in quella che semplicemente viene indicata come lotta biologica naturale. Un controllo biologico che attua sia per re-introduzioni e inoculi, ma altresì per lanci cosiddetti inondativi o di massa. Per consultazione si veda il sito della Biofabbrica di Cesena (30). Oppure quello di un’altra principale biofabbrica concorrente che commercializza insetti utili in Italia (31). In Europa le biofabbriche ammontano approssimativamente a una decina. Gli ettari di colture in serra e/o pieno campo dove si lanciano gli artropodi utili vanno sempre aumentando e ciò è certamente un segno positivo: più insetti meno pesticidi! La biofabbrica italiana rimane l’unica che produce, alleva e moltiplica, artropodi ausiliari come vero e proprio ‘insettario commerciale’ per la lotta biologica, sia in colture in serra sia in campo aperto. Le confezioni sono anche per piccole aziende e ambienti urbani. Gli artropodi utili si spostano e non si limitano alla proprietà aziendale, quindi per una maggiore efficacia i lanci e introduzioni generalmente si praticano su superfici discretamente ampie. Recenti sviluppi con lanci eseguiti con droni sia di acari predatori che altri insetti (esempio Trichogramma brassicae per combattere la piralide del mais) hanno sicuramente molti vantaggi rispetto all’impiego di macchine e trattamenti tradizionali e inquinanti con pesticidi.Un’altra realtà italiana di un insettario (alleva, moltiplica e produce) è in Sicilia a Ramacca, soprattutto per inoculi negli agrumeti. Al momento sembra non abbia un fine esclusivamente commerciale (32). Nell’agroecosistema serra, è evidente che l’ambiente è particolarmente pericoloso quando si effettuino trattamenti insetticidi. La serre diventano delle vere camere a gas. In genere, le colture protette hanno produzioni scalari e la raccolta è frequente. I pericoli per i serricoltori di venire intossicati in modo acuto o cronico è molto alto.
Nell’agroecosistema serra, è evidente che l’ambiente è particolarmente pericoloso quando si effettuino trattamenti insetticidi. La serre diventano delle vere camere a gas. In genere, le colture protette hanno produzioni scalari e la raccolta è frequente. I pericoli per i serricoltori di venire intossicati in modo acuto o cronico è molto alto. La lotta biologica è, da almeno una quarantina d’anni, una pratica economicamente, ma anche dal punto di vista ambientale, molto efficace e maggiormente salubre per agricoltore e futuro consumatore. Nelle produzioni di fragole, fiori e ortaggi, a raccolta addirittura giornaliera, è per forza maggiore osservare i tempi di carenza (vedi mito n. 10), quindi può essere più conveniente non adoperare pesticidi che hanno intervalli di sicurezza di diversi giorni, in particolare acaricidi. In altre colture sotto serra (tunnel freddi), per esempio dove si coltivano pomodori, è diventata da anni una prassi comune posizionare arnie di bombi per l’impollinazione. Tale tecnica è molto più competitiva – anche dal punto di visto dei costi – rispetto all’impiego di manodopera per impollinare con vibratori o con impiego di particolari ormoni vegetali. In serra i bombi possono venire adottati come trasportatori di antagonisti biologici a patogeni vegetali (33) mentre altri pronubi, come Osmia cornuta, potrebbero essere impiegati in serre o nei frutteti (34, 35). Nella pratica, con posizionamento di bombi è obbligatorio, come ovvio, sospendere l’impiego di pesticidi (soprattutto insetticidi).
Un importante beneficio della lotta biologica e conseguente riduzione dell’impiego di pesticidi xenobiotici risiede nell’evidente riduzione dei cosiddetti costi sociali. Chi li calcola? Come si fa a stimare quante malattie colpiscono l’uomo a seguito delle intossicazioni acute e croniche? Quante sono le ospedalizzazioni causa avvelenamenti acuti e cronici fino all’insorgenza dei tumori? Nei campi, nelle industrie di produzione i costi sono molto elevati. Senza considerare gli incidenti clamorosi: la diossina a Seveso 1976 oppure quello di Bophal del 1984. Forse più evidenti sono i danni economici che si constatano gli apicoltori per la perdita degli alveari in aree trattate con pesticidi, ma altri effetti nocivi all’ambiente si dimostrano solo dopo molti anni come è stato il caso del Ddt. I nostri economisti giustamente fanno i conti su quanto cibo viene sprecato, ma dovrebbero, secondo me, andare a misurare anche quanti chilogrammi di pesticidi vengono adoperati, a volte solo preventivamente e senza valutare l’impatto ambientale e i costi sociali. Ripensare ad altri metodi per difenderci da insetti, acari, malattie delle piante e erbe invasive è oggetto di discussione da almeno 50 anni, senza riuscire a smitizzare la loro indispensabile necessità di produzione, utilizzo preventivo, con ancora profitti per alcuni, ecc. Insomma la voce di Guido Grandi, più quella di tanti altri scienziati, continua a risuonare inutilmente nel deserto! Peccato! Ci ha provato anche Papa Francesco a trattare di pesticidi, purtroppo non si sa con quali risultati e quanti seguaci (36).
BIBLIOGRAFIA
1. Stop al regolamento per ridurre l'uso dei fitofarmaci - L'Informatore Agrario; https://www.newsarde.it/politica/agricoltura-ritirato-il-regolamento-sulluso-dei-fitofarmaci
2. Sgolastra et al., 2017. https://www.bulletinofinsectology.org/pdfarticles/vol70-2017-156-160sgolastra.pdf
3. Lasse et al. 2022. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S266691102200020X
4. https://www.eea.europa.eu/it/segnali/segnali-2020/infografica/effetti-delle-pfas-sulla-salute-umana/view
5. https://www.unep.org/topics/chemicals-and-pollution-action/pollution-and-health/highly-hazardous-pesticides-hhps
6. EFSA Journal, 2023. Peer review of the pesticide risk assessment of the active substance glyphosate.pdf
7. How pesticides impact human health_EU_2023.pdf
8. https://www.accademiaentomologia.it/89-2/
9. Grandi G. 1962. Equilibri biologici e insetticidi. Accademia nazionale dei Lincei, Atti del convegno, Roma 9-10 marzo 1962: 16 pp.
10. per l’Italia vedi sito Ministero: Prodotti fitosanitari (salute.gov.it)
11. https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/fitosanitari/ISPRA_R_216_15.pdf
12. Brühl et al., 2024. https://doi.org/10.1038/s43247-024-01220-1
13. Maggiore, 2017. http://www.fidaf.it/index.php/il-glifosate-in-agricoltura-e-nelle-aree-extra-agricole/
14. Manicardi et al. 2023. https://doi.org/10.1111/wre.12579
15. https://www.panna.org/
16. https://www.pan-europe.info/
17. Maini et al., 2010, nell’articolo si legga anche l’appendix http://www.bulletinofinsectology.org/pdfarticles/vol63-2010-153-160maini.pdf
18. Di Prisco et al. 2013. https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.1314923110
19. Geissen et al., 2021. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0269749121004073
20. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0160412023004920
21. https://www.greenme.it/ambiente/agricoltura/clorpirifos-niente-deroga-alluso-del-pesticida-tossico-nei-vigneti-del-prosecco-almeno-per-ora/
22. Brühl et al. 2024. https://doi.org/10.1038/s43247-024-01220-1
23. https://finanza.lastampa.it/News/2023/11/16/glifosato-commissione-ue-rinnova-autorizzazione-per-10-anni/MTUxXzIwMjMtMTEtMTZfVExC
24. Federbio, 2023. https://www.cambialaterra.it/2023/02/cresce-il-mercato-globale-di-pesticidi-4-lanno
25. https://www.cambiamoagricoltura.it/sites/default/files/2023-02/atlante_dei_pesticidi_web.pdf
26. Maini, Burgio, 2010. https://www.google.com/search?q=Maini+S.%2C+Burgio+G.%2C+2010+-+Artropodi+dannosi+e+agroecologia%2C+Ecoscienza+3%3A+66
27. Maini S., 1995. Rimboschimenti e siepi nelle aree agricole: positiva influenza sull'entomofauna utile. Informatore Fitopatologico, 45 (4): 13-17.
28. https://wedocs.unep.org/handle/20.500.11822/43374 e https://www.wwf.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/pesticidi-una-pandemia-silenziosa/
29. Celli G., Maini S., Nicoli G., 1991. La fabbrica degli insetti. Franco Muzzio & C. Editore SpA, Padova: 208 pp.
30. https://bioplanet.eu/it/chi-siamo/
31. https://www.koppert.it/
32. https://www.entesviluppoagricolo.it/servizi/servizi-allo-sviluppo/biofabbrica/
33. Maccagnani et al., 2005 http://www.bulletinofinsectology.org/pdfarticles/vol58-2005-003-008maccagnani.pdf
34. Ladurner et al., 2002. http://www.bulletinofinsectology.org/pdfarticles/vol55-2002-009-011ladurner.pdf
35. Maccagnani et al., 2007. http://www.bulletinofinsectology.org/pdfarticles/vol60-2007-077-082maccagnani.pdf
36. https://www.vatican.va/content/dam/francesco/pdf/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si_it.pdf
Links non citati nel testo
https://ilfattoalimentare.it/report-stop-pesticidi-nel-piatto-2023-legambiente.html
https://www.researchgate.net/publication/354806794_Piante_e_insetti_impollinatori_un'alleanza_per_la_biodiversita
https://www.newsarde.it/politica/agricoltura-ritirato-il-regolamento-sulluso-dei-fitofarmaci/ - :~:text=Il Regolamento sull'uso sostenibile,ha oramai le ore contate
Per una panoramica sul problema pesticidi in agricoltura e altre notizie relative alla ‘potenza’ delle multinazionali e di coloro che vogliono mantenere i loro interessi si suggerisce la visione da internet del seguente report prodotto da French-German Arte TV, dotato di sottotitoli in italiano:
https://www.arte.tv/fr/videos/098073-000-A/insecticide-comment-l-agrochimie-a-tue-les-insectes/